L’Italia senza la Sicilia non lascia immagine nello spirito: soltanto qui è la chiave di tutto. (Goethe)

sabato 12 marzo 2011

In Ricordo di Angelo Mancia - Caduto per l'Italia

Marzo 1980
Il mese di marzo del 1980 rimane una tappa indiscutibilmente tragica nella triste storia del terrorismo rosso a danno del mondo anticomunista, di quel nostro mondo così fiero da restare in piedi di fronte ai drammi più immani. Quando il 7 di quel mese ignoti avevano cercato la strage nella tipografia del "Secolo d'Italia", facendo esplodere due bombe, si credette che l'apice della violenza sanguinaria e barbara, posta in essere dal marxismo, fosse stato ormai raggiunto. Non era purtroppo così.Infatti domenica 10 marzo gli assassini rossi, non riusciti nel loro intento omicida al "Secolo" ci riprovavano, ritentavano la strage. Volevano uccidere i militanti del Fronte della Gioventù di via Sommacampagna, sede provinciale dell'organizzazione giovanile. La fortuna volle che un giovane entrato in uno sgabuzzino per prendere un pennello, vide una borsa sospetta. Avvisato il locale comando dei carabinieri; l'artificiere, una volta tanto prontamente arrivato, disinnescò l'ordigno contenuto nella borsa alle 11:28, appena due minuti di ritardo e sarebbe esploso, con chissà quali conseguenze. Ancora una volta non erano riusciti ad uccidere.I compagni organizzati in "volante rossa", questo l'appellativo che si erano dati i protagonisti dell'attentato al "Secolo d'Italia", firmavano anche questa volta la tentata strage, il loro disegno criminoso, andato in fumo grazie alla prontezza di uno dei giovani militanti del Fronte della Gioventù. Ancora una volta contro il coraggio e la forza delle idee , il comunismo dimostrava di saper rispondere solamente con il tritolo, con le bombe, alla ricerca di stragi. Il bisogno di sangue non si poteva quindi placare, non avevano potuto ben vendicare il compagno Valerio Verbano.
Dall'esecuzione di Verbano all'assassinio di Angelo Mancia
In quei giorni un grave fatto aveva contribuito a ridestare un clima di antifascismo militante, di caccia all'uomo. Era morto in circostanze oscure Valerio Verbano, militante dell'Autonomia Operaia. I comunisti addossarono subito all'ambiente di destra la responsabilità di quell'assassinio, nonostante nessuno lo avesse rivendicato e non avesse alcun significato l'omicidio di un esponente che nell'estrema sinistra, aveva un ruolo non di primo piano. Ciò nonostante fu affisso un manifesto, in quei giorni, che prometteva una pronta vendetta del Verbano, c'era scritto che non sarebbero bastate "100 carogne nere". Purtroppo, ancora una volta, la magistratura non intervenne, gli autori del manifesto, firmato dai compagni dell'Autonomia non vennero arrestati, quasi che non fossero noti alla questura. L'11 marzo colpirono ancora, ed ancora una volta si sbagliarono, volevano uccidere questa volta un dirigente romano del MSI ed andarono sotto casa sua ad aspettarlo. Spararono, più volte, contro colui che credettero essere il loro obiettivo, rivendicarono il crimine convinti di essere riusciti nel loro intento, invece avevano sbagliato ancora una volta, avevano assassinato un cuoco, Luigi Allegretti, tra l'altro iscritto alla CGIL, che nel buio avevano confuso con il militante missino designato.L'attentato al "Secolo", la bomba alla sede di via Sommacampagna, l'omicidio per "sbaglio", così fu etichettato dalla stampa a noi avversa, quasi che se i terroristi avessero colpito chi desideravano sarebbe stato giudicato un omicidio "giusto", non erano riusciti a dare agli odiati "fascisti" una risposta precisa all'omicidio di Valerio Verbano. Ci voleva un fatto eclatante, infatti in quei giorni numerose abitazioni di militanti del MSI furono bombardate dal tritolo sovversivo e sempre per puro caso non ci furono danni alle persone. Bisognava colpire un simbolo, una persona che non aveva mai avuto paura di loro, qualcuno che aveva sempre risposto in prima persona alle loro provocazioni, con il coraggio della lotta a viso aperto, incurante del numero degli avversari e sicuro della propria fede, uno che non si sarebbe mai piegato se non a causa di un colpo di pistola! Avevano trovato quella persona, quel "fascista di razza" (così lo definirono nel volantino di rivendicazione), era Angelo Mancia, segretario della sezione Talenti, dipendente del "Secolo d'Italia", rappresentante sindacale aziendale (RSA) della CISNAL. Stava uscendo di casa, poco dopo le 8:30 di quel 12 marzo, come ogni giorno diretto al lavoro, come addetto ai servizi esterni del "Secolo" e della Direzione Nazionale del Partito; ad attenderlo c'erano i suoi assassini, appostati dietro un furgone blu posteggiato davanti al cancello di via Tozzi 10,da dove Angelo stava uscendo, avvicinandosi al proprio motorino. Bastò un attimo per rendersi conto di quanto stava succedendo. Visti i terroristi, Angelo cercò rifugio nel portone di casa, non fece in tempo, il fuoco assassino dei comunisti lo raggiunse alla schiena; non contenti, gli assassini spararono ancora, alla nuca, volevano essere sicuri di non aver fallito anche questa volta.


Il funerale di Angelo
Le barricate per un ora erano cadute, ma solo per quella triste ora, quando il mondo "democratico" sembrava essersi stretto intorno al nostro lutto. Subito dopo durante lo stesso corso dei funerali, il volto sanguinario del regime, che aveva armato la mano dei delinquenti rossi, riappariva spettrale e fanatico. Già la mattina del 14 marzo alcuni giornali cominciavano, odiosamente, a disegnare variegati volti di Angelo Mancia: squadrista, picchiatore, furono alcuni epiteti con cui dei pennivendoli al soldo del sistema cercarono di infangare il nome del Martire. La stampa antifascista, doveva in qualche modo "giustificare" o "attenuare" quest'omicidio, tanto, dicevano alla Rai e scrivevano sui giornali, era un violento. Niente di più falso, lo ribadiamo. Il fatto che egli fosse un ragazzo di destra "pulito" era dimostrato anche dal suo certificato penale che dichiarava in relazione alle sue presunte colpe: NULLA! Sotto scrosci di pioggia battente, insieme con i familiari, tantissime persone accompagnarono Angelo alla Basilica di S. Maria degli Angeli e dei Martiri, dove veniva officiato il rito funebre, dando la dimostrazione con la presenza attiva e silenziosa, che dietro ogni nostro caduto altri giovani erano pronti a continuare la lotta in nome di chi era stato vilmente assassinato. Tanta era la commozione. Insieme ai fiori, alle corone, ai cuscini, c'era una corona su cui era scritto: "Caro Angelo, il tuo ricordo sarà sempre nel nostro cuore, insieme con il nostro Francesco, che ti voleva molto bene. Valeria, Maria Carla e Antonio Cecchin": la comunione nel martirio. Terminato il sacro rito, il Segretario del Partito, on. Giorgio Almirante pronunciava una toccante orazione funebre. Era andato, nel dolore, tutto bene, la commozione prevaleva sul, sia pure umanamente giustificabile, senso di rabbia, ma la provocazione doveva purtroppo scattare. Qualcuno, lontano dalla folla, scagliava una bottiglia incendiaria, riuscendo così ad intaccare il suggestivo silenzio della piazza. Immediatamente i lacrimogeni della polizia diffondevano il loro acre odore, a guastare quello cristiano del divino incenso. La gente presente al funerale veniva manganellata e malmenata dagli agenti, scoppiavano incidenti, alla fine dei quali veniva arrestato un estremista di sinistra. Fino ad oggi non è stata fatta ancora giustizia, per Angelo, come per tanti altri giovani martiri; non sono state, volutamente, fatte indagini per scovare chi lo aveva assassinato, per non disturbare i piani di chi voleva che tutto rimanesse immutato. La nostra lotta per ricordare e vendicare con la forza delle idee che ci guidano Angelo Mancia, quindi, prosegue, senza paura, sulla strada per cui Egli è Caduto! Continueremo, nel suo nome, a percorrere il suo cammino, certi che sia con noi nelle nostre riunioni e nelle battaglie politiche, ideali e sociali che quotidianamente combattiamo nel nome del nostro mondo, un mondo che sa guardare a faccia alta i suoi avversari, così come Angelo ha sempre fatto.
( Fonte: I quaderni del C.I.S. - Marzo 1982 )

Nessun commento: