L’Italia senza la Sicilia non lascia immagine nello spirito: soltanto qui è la chiave di tutto. (Goethe)

venerdì 30 marzo 2007

300 "La battaglia delle Termopili tra Spartani e Persiani"

Il 23 marzo è uscito in Italia il film “300”, versione cinematografica dell’omonimo fumetto di Frank Miller. 300 narra la battaglia delle Termopili nella quale pochi greci (e tra questi 300 spartani appunto), fermarono per tre giorni un immenso esercito persiano. E’ un film che sicuramente piacerà agli amanti del genere epico e di azione, ma è soprattutto l’occasione per riflettere un po’ di cultura, storia e perfino di alta politica. Andiamo per ordine; prima due parole sul fumetto, altre due sulla battaglia e sugli spartani, infine quattro su cosa è stata e cosa rappresenta la battaglia delle Termopili per la storia europea. Il fumetto di Frank Miller è, nel suo genere, un capolavoro. Non aspettatevi da un fumetto, e pertanto dal film 300, una puntuale ricostruzione storica. Il pregio dell’opera di Miller è di ricostruire l’atmosfera e la singolarità di quell’episodio e del popolo spartano in generale. Tra forzature fatte di mostri genere fantasy, opliti che combattono semi nudi, soldati che somigliano a supereroi, emerge la percezione che si ha di Sparta leggendo gli storici greci e romani. In particolare appare l’immagine che gli altri popoli, contemporanei o posteri, avevano di quella irripetibile ed unica esperienza che è stata la città di Sparta. Non pesate, dunque, il film sulla sua attinenza storica, gustatevelo come fosse una musica o un quadro dedicato alla battaglia delle Termopili.

La battaglia.

La battaglia delle Termopili è del 480 a.c. L’imperatore persiano Serse I aveva radunato uno dei più grandi eserciti mai visti ( 2 milioni secondo Erodoto) , l’obiettivo non era la Grecia, questa doveva essere solo una tappa, il fine era l’intero occidente, fino all’Atlantico. Alle spalle dei greci non c’erano grandi civiltà, Roma era ancora una piccola realtà e l’intera Europa appariva molto piccola ad un impero che si estende dall’Egitto e dall’attuale Turchia fino all’India e al Caucaso Le città greche per una serie di problemi politici interni e di rapporti tra di loro, non si mossero per tempo. Poche truppe andarono ad opporsi ai persiani proprio al passo delle Termopili, circa 3900 opliti guidati dai 300 spartani del re Leonina. La missione non era solo prendere tempo, era soprattutto dimostrare ai persiani e ai greci che una resistenza era possibile.
In questo contesto la mitica battaglia delle “Porte di Fuoco”, per due giorni i greci opposero una resistenza eroica, il terzo giorno, anche a causa di un tradimento, la loro sorte fu segnata, Leonina ordinò agli alleati greci di ritirarsi e restò con i suoi uomini ad affrontare il nemico ( anche 700 tespiesi si rifiutarono di obbedire e rimasero con gli spartani). I persiani persero 20.000 uomini, il sacrificio degli spartani diede la forza ai greci di combattere, nel 480 a.c. a Salamina e nel 479 a.c. a Platea i persiani furono completamente sconfitti.

Gli spartani

300 uomini su 3900 totali, dunque. Eppure le Termopili sono passate alla storia come la battaglia dei 300 spartani. Perché? Innanzi tutto vale la pena citare proprio Leonida. Gli altri greci, che aspettavano l’intero esercito spartano, chiesero a Leonida perché fosse venuto con soli 300 uomini, il re si rivolse ai soldati delle altre città e chiese loro che lavoro facessero, erano tutti contadini e artigiani, a quel punto disse “ vedete, Sparta ha portato più soldati di voi”. Ed era appunto questa la differenza, gli spartani erano tutti soldati e guerrieri, vietate le arti, l’artigianato, qualsiasi attività che non fosse l’addestramento e la guerra (le altre professioni erano svolte da popoli sottomessi ai quali non era consentito combattere). Erano in assoluto i migliori combattenti dell’epoca.
Il limite di Sparta era l’esiguo numero di soldati e di popolazione in generale, perdere l’intero esercito alle Termopili avrebbe sancito la sua fine, da qui la scelta di sacrificare il proprio re e i suoi guerrieri migliori ed affrontare il nemico in condizioni più favorevoli (come successe proprio a Platea). I 300 spartani erano lì per sacrificarsi per l’intera Grecia e lo dimostrarono il terzo giorno quando decisero di rimanere da soli a combattere.

L’Occidente e la Libertà.

Insomma, gran bella battaglia. Ma in cosa è diversa da molte altre non meno gloriose ? Pensiamo, ad esempio, ai romani ad Alesia, le proporzioni erano spaventose anche in quell’occasione. Le Termopili sono una pietra miliare della nostra cultura perché sono la prima grande battaglia dell’Europa contro il tentativo di conquista dello “straniero” o “barbaro” se si preferisce.
Innanzi tutto cos’è l’Europa? Eschilo definisce l’Europa “la libertà delle città greche contrapposta alla servitù delle città dell’oriente”. L’aspetto cruciale è proprio la “Libertà”, perché la caratteristica prima degli europei è quella di essere uomini liberi, in contrapposizione a chi accetta la servitù. Europei sono i greci che si battono per la loro condizione di uomini liberi, i romani che pugnalano il migliore tra loro quando decide di proclamarsi imperatore, gli uomini che mettono su una ghigliottina i loro sovrani corrotti, i popoli che rovesciano le dittature ed abbattono le statue dei tiranni. Questa è l’Europa, etimologicamente, “la terra della sera”, “terra del tramonto” e, ironia delle parole, “occidente”. Perché Occidente ed Europa hanno lo stesso significato etimologico e oggi anche simbolico.
I confini di questa terra del tramonto non sono geografici, sono semplicemente i confini sanciti nelle battaglie contro “l’altro” sostenute dall’antichità ad oggi. Si pensi alla Georgia e all’Armenia, per noi percepiti come paesi europei, anche se geograficamente non lo sono, per il semplice motivo che hanno rappresentato il confine orientale della nostra cultura all’invasione dell’impero ottomano.
Alle Termopili nasce l’Europa, per quello che è stata nell’arco della storia e dovrebbe essere oggi; semplicemente la terra dei popoli liberi.

mercoledì 28 marzo 2007

Irlanda del Nord, accordo tra cattolici e protestanti


Storica intesa fra i protestanti del Dup e i cattolici dello Sinn Fein per il varo del nuovo governo biconfessionale, il prossimo 8 maggio.





Un’intesa storica poiché mette fine, se tutto andrà bene, a un’impasse durata quattro anni e mezzo e apre le porte a un’applicazione definitiva degli Accordi di pace del Venerdì Santo, firmati nell’ormai lontano 1998: «Tutto quel che abbiamo fatto da dieci anni a questa parte è servito a preparare questo momento: è un giorno molto importante per i nordirlandesi, ma anche per la popolazione e la storia di queste isole» britanniche, ha concluso Blair, per cui si tratterebbe di un risultato cruciale. Il primo ministro è stato all’origine degli accordi del 1998, e sbloccare definitivamente i negoziati, a pochi mesi da quando lascerà il potere, significa asssociare al suo nome un lascito politico indimenticabile. Anche il premier irlandese Bertie Ahern ha evocato gli accordi del 1998, esprimendo la propria «determinazione perché le fasi finali del processo di pace vengano completate con successo.Poco prima, nella brevissima conferenza stampa seguita all’incontro, il leader protestante Ian Paisley (Dup) e quello cattolico Gerry Adams (Sinn Fein) avevano parlato rispettivamente di «una grandissima opportunità» e dell’inizio «di una nuova era nella politica di quest’isola». Paisley aveva sottolineato come «il giustificato rifiuto delle tragedie e degli orrori del passato non possa diventare una barriera per creare un futuro migliore per i nostri figli», pur aggiungendo come «rimanga ancora molto lavoro da fare» prima di ultimare i dettagli per il programma del nuovo esecutivo; Adams da parte sua ha avvertito che fino all’8 maggio il suo partito «non darà nulla per scontato».
Paisley e Adams, nemici giurati, leader dei partiti più estremisti sia della parte protestante che di quella cattolica, sono nuovamente usciti vincitori dalle elezioni del 7 marzo. Dopo le precedenti politiche però il governo era rimasto lettera morta per l’impossibilità di accordare Dup e Sinn Fein. Adesso tutto sembra cambiato. L’accordo oggi annunciato costituisce quanto chiesto da Londra per revocare la scadenza - fissata oggi a mezzanotte - per la formazione del nuovo esecutivo, pena la chiusura del Parlamento regionale: il ministro per l’Irlanda del Nord, Peter Hain, aveva infatti ribadito che voleva far applicare l’ultimatum ma aveva lasciato aperta la porta ad una prorog, a condizione che questa venisse richiesta da tutti i partiti nordirlandesi. Sabato era stato il solo Paisley a insistere per un rinvio di sei settimane, proprio con l’obbiettivo di un varo del nuovo esecutivo nel mese di maggio.
Paisley ha evidentemente convinto Adams - favorevole al rispetto delle scadenza del 26 marzo - della necessità di rimandare. Così si è stabilito un precedente di collaborazione con i nemici storici dello Sinn Fein, che Londra spera costituisca un punto di non ritorno. La nuova assemblea uscita dal voto del 7 marzo scorso si è riunita per la prima volta il 13 marzo: al Dup, partito di maggioranza relativa fra tutte le comunità, spetterà esprimere il premier (Paisley) e quattro ministri; allo Sinn Fein andranno il vicepremier (Martin McGuinness, numero due del partito) e tre dicasteri, mentre i rimanenti tre Ministeri verranno distribuiti tra le formazioni minori; Londra continuerà a gestire la politica estera e di difesa.

IN RICORDO DI PAOLO COLLI
















"Un Ricordo di Paolo Colli"

lunedì 26 marzo 2007

La Sapienza, Azione Universitaria contesta Mastella

Petrella e Alicata : “Incoerente chi appoggia un Governo che non condivide,

il Ministro della Giustizia dia il buon esempio e si dimetta


Anche il ministro Clemente Mastella, intervenuto stamani alla facoltà di Giurisprudenza de La Sapienza per parlare di riforma della giustizia, è stato contestato dagli studenti dell’ateneo romano. “Assieme ad altri venti ragazzi di Azione Universitaria abbiamo consegnato al leader dell’Udeur un volantino su i Dico per sottolineare l’incoerenza di chi fa parte di una maggioranza e di un Governo pur non condividendone le posizioni”, dichiarano Matteo Petrella, dirigente nazionale di Azione universitaria e Cristian Alicata, dirigente provinciale di Au.
“Per rispetto del buonsenso, della politica e soprattutto dell’Italia, chiediamo le dimissioni del Ministro che a capo del suo dicastero ha già fatto troppi danni, nonostante i tempi del suo mandato. Per rendersene conto è sufficiente pensare all’indulto, alla proposta di reinserire i reati d’opinione e alle pressioni che arrivano dalla sinistra radicale del Governo che per “salvare” personaggi come Battisti, chiedono a gran voce l’amnistia”, continuano i due esponenti di Azione universitaria.
“Da giovani non possiamo restare in silenzio di fronte a chi vorrebbe rendere il nostro futuro di cartapesta. Mastella dia il buon esempio: si dimetta”.

sabato 24 marzo 2007

DAL TAR STOP ALLE CANNE PIU’ “PESANTI”

Il colpo di spugna del ministro Livia Turco alla fine non è passato. Con una sentenza del TAR del Lazio che ha deciso su un ricorso presentato da alcune associazioni impegnate nella lotta alle tossicodipendenze, è stato impedito il rialzo per legge delle quantità di stupefacenti liberamente utilizzabili dai consumatori. Così, almeno per ora, il sogno di quanti vorrebbero procedere a passi da gigante verso la liberalizzazione delle droghe subisce una battuta d’arresto. E ritorna applicabile senza deroghe la disciplina introdotta dalla Legge Fini, con buona pace di quanti già pregustavano l’idea di aumentare il contenuto di “fumo” nei propri spinelli, in tutta legalità. Fin dalla sua entrata in vigore, questa legge si è posta come scopo la prevenzione di un problema fin troppo stratificato come quello della circolazione delle sostanze stupefacenti soprattutto tra i giovani, attirandosi critiche e manifestazioni di “disobbedienza civile” da parte del popolo della canna libera, che sostiene da anni la battaglia contro la tolleranza zero. I temi portati avanti dai benpensanti della sinistra e dai radicali ci hanno parlato di legge arrogante e irresponsabile e che limita i diritti dei cittadini. Addirittura è stato fatto passare il concetto, completamente falso, che anche i semplici consumatori sporadici avrebbero rischiato il carcere magari per essersi fumati uno spinello tra amici e così il becero coro di indignazione per i rischi penali corsi dai giovani (!!) ha inevitabilmente offuscato le intenzioni di recupero di chi è entrato nel tunnel della droga, per la prima volta considerato un essere umano da riabilitare e riconsegnare alla società anziché un mero relitto da abbandonare alle amorevoli somministrazioni di metadone dei Sert o affidare al buon cuore delle istituzioni sociali come alternativa al carcere.Infatti una delle novità principali della Legge Fini consisteva proprio nel porre l’accento sul recupero del tossicodipendente, invitato a seguire un programma terapeutico predisposto da un Sert o da un privato autorizzato, con la possibilità che questa soluzione fosse utilizzata addirittura come misura sostitutiva del carcere: se il tossicodipendente accetta e il programma di recupero ha un esito positivo, la sanzione penale si considera scontata. La funzione della certificazione inoltre, tradizionalmente appannaggio esclusivo dei servizi pubblici, per la prima volta può essere delegata al privato sociale, in presenza di particolari requisiti che sono il livello di eccellenza connesso all'accreditamento e il rapporto di convenzione con il Servizio sanitario nazionale.Però evidentemente ciò non bastava e così a farsi carico del problema ci aveva pensato non qualche deputato impegnato sul tema della liberalizzazione delle droghe come Pannella o i suoi seguaci o qualcun altro che si vanta di seminare piantine di marijuana in Parlamento, ma addirittura il Ministro della Salute Livia Turco che con il decreto ministeriale bocciato dal TAR aveva innalzato la soglia minima di cannabis detenibile ad uso personale, portandone il quantitativo da 500 a 1000 milligrammi. In sostanza, ai fumatori di spinelli veniva concesso di detenere una quantità di “fumo” doppia rispetto a prima, salvandoli dal rischio di incorrere in sanzioni penali visto che, a quanto pare, il quantitativo precedentemente autorizzato era troppo rigido ed in molti ne superavano i limiti. E così dopo l’indulto che ha tolto dai guai migliaia tra detenuti e condannati, si stava materializzando un altro colpo di spugna stavolta a beneficio e –è proprio il caso di dirlo- consumo dei ragazzi che amano sballarsi con le droghe leggere. Eppure proprio il fatto che le persone sanzionate per la detenzione di quantità eccessiva di droga erano moltissime avrebbe dovuto far riflettere e indurre il ministro a ben maggiori rigori verso quella che appare come una piaga sociale inarrestabile, piuttosto che utilizzare un metro di giudizio permissivo e benevolo, tale da incentivare i ragazzi al consumo delle droghe leggere e ad annullare ogni finalità rieducativa della legge Fini.
Ma la realtà dei fatti e ben diversa: non può esistere il diritto di drogarsi, è innegabile che chi assume delle sostanze stupefacenti crea dei danni, è giusto che lo Stato sanzioni amministrativamente il consumo personale, ed è anche ovvio che non finirà in galera nessuno per uno spinello. Ma proprio perché si vuole distinguere l’uso personale dallo spaccio, è arrivato il momento di fare un’inversione di tendenza. Sappiamo bene tutti che ci sono delle sostanziali differenze chimiche tra la cannabis, l’eroina o la cocaina, ma è anche evidente che la diffusione delle cosiddette droghe leggere negli ultimi anni è aumentata a dismisura tra i giovanissimi; molti di loro decidono di mascherare le loro ansie, le loro delusioni e i loro problemi, attraverso un momento di sballo o di fugace follia ed effimera gioia. Ci troviamo in una società senza valori e senza punti di riferimento e nella quale la droga occupa un posto di tutto rispetto ed è purtroppo un fenomeno destinato a crescere se non si prendono delle chiare e ferree decisioni.
I paladini dei diritti civili -che in questo periodo si sono lanciati a capofitto nell’altra “impresa” di equiparare le unioni civili, eterosessuali ed omosessuali, ai matrimoni tradizionali- hanno dovuto cessare i festeggiamenti per quella che consideravano una vittoria morale e politica, e cercando di accaparrarsi qualche voto in più col sostegno a chi fa della droga un dogma di vita, si erano dimenticati addirittura di chi oggi non ne può fare più a meno, dopo aver cominciato per gioco o per tolleranza altrui. Non può passare il concetto della limitazione delle libertà, bisogna garantire il diritto alla vita e non il diritto allo sballo. La legge Fini non ha fatto altro che stabilire delle nuove norme, senza pregiudizi ideologici; rappresenta una via alternativa sia al proibizionismo che all’antiproibizionismo e vuole investire sulla prevenzione della tossicodipendenza, salvaguardando tutti i cittadini, perché la droga, direttamente o indirettamente, può danneggiare la salute e la personalità di chiunque. Per questo, se la droga non fa distinzione tra le persone, la legge non vuole fare distinzioni con la droga. E grazie al TAR, giustizia è fatta.

venerdì 23 marzo 2007

"dal blog dell'anarca"

Gli utili idioti più bravi del mondo

Vada per gli americani che si sa, sono cowboy, arroganti, imperialisti e vogliono che tutti facciano come loro. Se sono incazzati con noi è per partito preso. Non sopportano che siamo tornati liberi e indipendenti dopo 5 anni di sudditanza berlusconiana. E se noi vogliamo Gino Strada ministro degli Esteri, Vauro alla Difesa e il mullah Omar Presidente del Consiglio sono cavoli nostri e non ammettiamo ingerenze.
Vada per gli inglesi con quella loro terribile puzza sotto il naso; eppoi mangiano male, vestono peggio, figurarsi se ci possiamo preoccupare delle loro alzate di testa. Se dicono che quei capi talebani che abbiamo liberato, li avevano catturati loro e che per farlo erano morti 50 soldati di Sua Maestà, beh, ci dispiace per loro. Ma noi avevamo un giornalista di Repubblica da far tornare, mica un tecnico dell’Eni o un bodyguard. Imparassero a guidare a destra poi ne riparliamo…
Vada per i tedeschi, gente che già nell’inno si crede über alles; per loro noi rimaniamo sempre spaghetti, baffonero e mandolino. Se dichiarano che la liberazione dei talebani in cambio del giornalista italiano è stata
"riesenfehler", "un gigantesco errore", sappiamo che nel linguaggio diplomatico significa in realtà: "avete fatto una cazzata che rischiamo di pagare tutti". Loro, i tedeschi, di ostaggi prigionieri ne hanno due. Ma la signora Merkel ha detto: "Sappiamo bene, soprattutto per quanto riguarda la ricostruzione, cosa vuol dire il nostro impegno per il popolo afghano e non ci lasceremo ricattare dai terroristi o da gente che si comporta come tale". Sarà che non hanno ancora mandato giù l'eliminazone ai mondiali?
Vada per gli afghani, ma cosa vogliono poi questi qui? Siamo disposti a comprare tutto il loro oppio, gli abbiamo mandato Gino Strada, gli diamo continue pacche sulle spalle, siano riconoscenti e la smettano di lamentarsi.
Insomma, vada pure se americani, inglesi, tedeschi, afghani ci rimproverano sotto sotto di viltà, di inaffidabilità; possiamo sopportare tutto. Ma che ora anche gli olandesi ci diano lezioni di dignità nazionale… questo no, questo non lo possiamo proprio accettare. Ecco, a cosa ci ha portato un anno di governo Prodi. A farci prendere per il culo pure dagli olandesi, quelli dei tulipani, dei mulini a vento e degli zoccoli frikkettoni. ''Il governo olandese non appoggia tali decisioni, che favoriscono altre prese d'ostaggi'' ha detto il Ministro degli esteri Verhagen. Saranno pure dei Paesi bassi ma di fronte alla difesa degli interessi nazionali sono molto più alti di noi.
Quando governava il centro-destra, per intellettuali e opinionisti di mestiere, noi eravamo un paese isolato a livello internazionale. Solo perché, insieme a nazioni di poco conto come Usa, Gran Bretagna, Olanda, Danimarca, Portogallo, Polonia, Australia, Giappone e altri 26 paesi, c'eravamo impegnati in prima fila per la lotta contro il terrorismo pagando caro un tributo di sangue e di onore. Eravamo talmente isolati che all’Onu, Kofi Annan riceveva il premier italiano con tutti gli onori riconoscendo il ruolo dell’Italia per la pace nel mondo. Eravamo talmente “italietta” che
Berlusconi veniva accolto al Congresso americano con una standing ovation mai riservata a capi di stato stranieri.
Oggi che invece abbiamo recuperato la dignità perduta consentiamo al famoso giornalista di Repubblica di scendere dall’aereo come avesse vinto i Mondiali (l’hanno scritto su Der Spiegel) e gli permettiamo di dire come prima cosa che si sentiva
“come un prigioniero a Guantanamo” dove si sa tagliano le teste agli autisti e li sgozzano come capretti, e nessuno dico nessuno, che gli abbia dato un bel calcio nel culo imponendogli la dignità del silenzio.
Oggi ci possiamo permettere il "bye bye condi" anche se ci tirano le orecchie da tutte le parti e se 5 ambasciatori di paesi alleati si sentono in dovere di mandare lettere aperte al popolo italiano scavalcando il governo. Oggi non siamo più un paese isolato e la nostra politica estera è determinata e lucida. In Libano
passeggiamo sottobraccio ai leader degli Hezbollah, In Iran rassicuriamo Ahmadinejad che abbiamo delle idee per il loro nucleare; in Afghanistan liberiamo i talebani e li invitiamo ai tavoli della pace, in Palestina telefoniamo al capo di Hamas per dirgli che gli faremo togliere l’embargo che la Comunità internazionale gli ha imposto.
Sarà pure vero che abbiamo riacquistato autonomia ma la svolta jihadista della politica estera italiana dovrebbe preoccupare un po’ tutti. Si sa che l’internazionale islamista si serve dei pacifisti occidentali come gli "utili idioti" per indebolire il fronte della lotta al terrorismo. E siccome noi italiani non siamo secondi a nessuno, abbiamo gli "utili idioti" più bravi del mondo ... al governo.

sabato 17 marzo 2007

Italia a testa alta con l'Irlanda

Gli azzurri chiudono il Sei Nazioni inchinandosi 51-24 ai rivali che però, nel giorno in cui si celebra il loro patrono San Patrizio, non riescono a vincere il torneo che va alla Francia.

St. Patrick's Day

domenica 11 marzo 2007

Sei Nazioni storico successo degli Azzurri

Dopo lo storico successo in Scozia, gli azzurri battono anche il Galles (23-20) dopo una battaglia appassionante al Flaminio.
La meta del sorpassoè di Mauro Bergamasco a pochi minuti dalla fine.

ROMA, 10 marzo 2007 - L'Italia batte il Galles, al quale rimarrà proabilmente il cucchiaio di legno per tutte sconfitte e incamera la seconda vittoria consecutiva nel Sei Nazioni. E anche questa è la prima volta. Azzurri al di sopra delle righe all'inizio e alla fine, quando si sono trovati a inseguire un distacco di 7 punti. Meta finale di Mauro Bergamasco, che ha sfruttato un calcetto dentro l'area di Pez.
Due le mete per parte e una annullata giustamente per un avanti a Pratichetti dopo 3'. Il Galles ha giocato con molta durezza, resistendo molto bene con i primi otto uomini e sfruttando anche un favore ben visibile nell'operato dell'arbitro inglese White. L'Italia, avanti alla fine del primo tempo, ha recuperato molto bene dalla meta di S. Williams, frutto di un clamoroso errore difensivo. Nella ripresa altro errore collettivo dei difensori, Rees sfugge a Nieto e segna in mezzo ai pali.
Gran finale dell'Italia che per 3' schiaccia i gallesi a un metro dalla linea. Troncon ha l'idea giusta: palla a Pez che scavalca la difesa e segna. All'ultimo secondo, il Galles cerca la punizione, l'ottiene su tenuto di Staibano al limite dei ventidue. Hook non calcia nei pali, sarebbe stato il pareggi, ma cerca la touche. E' l'80', White fischia. Gallesi a casa, azzurri nel trionfo del Flaminio. E fra sette giorni arriva l'Irlanda.

domenica 4 marzo 2007

L'Upea continua a stupire e vede la salvezza vicina

Nel 21° turno la VidiVici Bologna perde in casa con la Lottomatica e Milano l'affianca al secondo posto. Treviso vince a fatica con Scafati, Varese espugna Avellino, Capo d'Orlando vinche in casa con Teramo e vede la salvezza vicina


Upea Capo d'Orlando-Siviglia Teramo 88-84

Capo d'Orlando avvicina alla quota salvezza con Young, ritornato a buon livelio protagonista e il resto del quintetto ottima spalla. Teramo è stata brava soprattutto con Brown, e i vari Woodward, Bernard e Poeta hanno limitato che il divario fosse ben più largo. Upea in emergenza play, assenti Fabi (problemi muscolari e Mokongo che salta anche la panchina perché reduce da un intervento al naso; rientra dopo quattro mesi Rabaglietti (in campo quando mancavano 10'' dalla chiusura del primo parziale). La formazione di Perdichizzi riesce con un super Toure (11 punti dopo 8 minuti) a scavare un solco (+ 10 a pochi secondi dalla chiusura dei primi 10'). Teramo si scuote e con Brown (11 punti al riposo lungo), e Poeta (4 punti e buone giocate), si rimette in linea di galleggiamento (32-29). Toure trova in Wells una spalla ideale e l'Upea ritorna a volare (47-37). Al rientro in campo il primo dei due falli tecnici fischiati all'ex Janicenoks (male il suo ritorno al PalaFantozzi, meglio Bernard), permette all'Upea di mettere un break di 10-0 e trovare un vantaggio di + 19 (65-46). Vantaggio che si assottiglia a 67-57 al 32'. L'uscita di Rush per cinque falli (75-65 al 36') complica sotto canestro i piani dell'Upea che vede Teramo avvicinarsi pericolosamente con un immarcabile Brown. Le triple di Busca, Yuong e Freeman tengono Capo d'Orlando a distanza di sicurezza. Ma la Siviglia in chiusura con Porta tiene accesa la fiammella (86- 84 a - 25''). Freeman ai liberi è di ghiaccio, Grundy invece fa 0/2 e l'Upea brinda alla vittoria.

Capo d'Orlando: Young 21, Wells 18, Touré 16
Teramo: Brown 25, Woodward 15, Grundy 12, Poeta 12