L’Italia senza la Sicilia non lascia immagine nello spirito: soltanto qui è la chiave di tutto. (Goethe)

lunedì 21 settembre 2009

Attentato a Kabul, morti 6 parà della Folgore

GRAZIE FRATELLI NOSTRI, VI RICORDEREMO E
ONOREREMO PER SEMPRE
L'ITALIA GIUSTA E SANA VI STRINGE IN UN TENERO E DOVEROSO ABBRACCIO


Eterno, Immenso Dio, che creasti gli infiniti spazi e ne misurasti le misteriose profondità guarda benigno a noi.

Paracadutisti d'Italia, che nell'adempimento del dovere balzando dai nostri apparecchi, ci lanciamo nelle vastità dei cieli.

Manda l'Arcangelo Gabriele S. Michele a nostro custode; guida e proteggi l'ardimentoso volo.

Come nebbia al sole, davanti a noi siano dissipati i nostri nemici.

Candida come la seta del paracadute sia sempre la nostra fede e indomito il coraggio.

La nostra giovane vita è tua o Signore!

Se è scritto che cadiamo, sia!

Ma da ogni goccia del nostro sangue sorgano gagliardi figli e fratelli innumeri, orgogliosi del nostro passato, sempre degni del nostro immancabile avvenire.

Benedici, o Signore, la nostra Patria, le Famiglie, i nostri Cari! Per loro, nell'alba e nel tramonto, sempre la nostra vita!

E per noi, o Signore, il Tuo glorificante sorriso.

Cosi sia. FOLGORE, FOLGORE, FOLGORE!!!!!!!!!!!!

mercoledì 15 luglio 2009

Omicidio Sandri: 6 anni a Spaccarotella


VERGOGNA INFINITA....

"Vidi il poliziotto cercare la mira per cinque secondi a braccia tese, poi esplose il colpo verso l'auto in movimento"... ma questo non basta per avere giustizia. GIUSTIZIA PER GABBO!!!!!!



Dopo il verdetto urla contro la Corte,Il pm aveva chiesto 14 anni di reclusione. Derubricato il reato da omicidio volontario a colposo.

Un'immagine di Gabriele Sandri, il tifoso laziale ucciso da un colpo di pistola sull'autostrada A1, nei pressi di Arezzo (Ansa)

AREZZO - La corte d'Assise di Arezzo ha condannato a sei anni di reclusione il poliziotto Luigi Spaccarotella, che l' 11 novembre 2007, nell'area di servizio Badia al Pino, vicino ad Arezzo, uccise con un colpo di pistola il tifoso laziale Gabriele Sandri. Il pm aveva chiesto una pena di 14 anni di reclusione. Ma la corte ha derubricato il reato da omicidio volontario a colposo. Subito dopo la lettura del dispositivo, vi sono state urla in aula contro i giudici.

I GENITORI - «Adesso me lo hanno ammazzato una seconda volta. Come fai a credere nella giustizia? Adesso non ci credi più». Così Daniela Sandri, la madre di Gabriele, tra le lacrime, ha commentato la sentenza del Tribunale di Arezzo. «Quando stasera tornano a casa, li avranno dei figli - ha aggiunto -? Come fanno a guardarli negli occhi? Gabriele non me lo ridà nessuno, ma questo è troppo, è una cosa tremenda». «È una vergogna per tutta l'Italia», ha urlato Giorgio Sandri, padre di Gabriele. «Hanno ammazzato mia moglie un'altra volta, forse adesso la portiamo via con l'ambulanza, hanno ammazzato mio figlio. Io consiglierei a tutti i cittadini di non spendere più i soldi per la giustizia perché se la giustizia è questa sono soldi buttati. Non sono bastati cinque testimoni che hanno visto quello che ha fatto l'individuo, quando basta un pentito di mafia per mandare gente all'ergastolo per 30 anni. Evidentemente la divisa ha il suo peso. Mi vergogno di essere italiano, mi vergogno di aver creduto nella giustizia. Per fortuna che c'è la giustizia divina che penserà a Spaccarotella, a quella non potrà sfuggire senz'altro». Svenimenti, scene di panico e parolacce sul piazzale antistante il Tribunale di Arezzo, dove si sono radunati una trentina di amici di Gabriele. La reazione alla lettura della sentenza era stata di grande rabbia, e alcuni tifosi della Lazio amici di Gabriele hanno inveito contro Spaccarotella e contro i giudici, ma dopo un po' il fratello di «Gabbo», Cristiano Sandri, li ha riportati alla calma dicendo che così «si uccide Gabriele per la terza volta, fatela finita». Un'amica di Gabriele, Cinzia, dall'emozione ha accusato un malore, è stata soccorsa dai sanitari ed è stata portata via in ambulanza.

giovedì 11 giugno 2009

Marco SCURRIA eletto al Parlamento Europeo

VITTORIA!!!!!!
Un sogno che si avvera, una generazione nuova e innovativa, un comunità in cammino e vincente, ecco cosà vuol dire l'elezione di Marco Scurria, i figli d'Europa adesso potranno mettere in atto il sogno di cui sono eredi, portando linfa nuova sulle starde d'Europa... GRAZIE A QUESTA GRANDE COMUNITA' E A MARCO, una nuova sfida alle stelle è stata vinta... per NOI e per chi ha iniziato questo cammino ed adesso ci guarda con un sorriso da lussù...

IN ALTO I CUORI!!!!

domenica 10 maggio 2009

Europee 2009 - Figli d' Europa - Vota SCURRIA

Per un'Europa dei popoli, unita dal senso di appartenenza ad un solo grande destino, faro di civiltà e giustizia che illumini le menti degli uomini e le strade percorse dagli Stati....
Marco SCURRIA al Parlamento Europeo!

sabato 2 maggio 2009

lunedì 23 febbraio 2009

ROMA: BLITZ DI AZIONE UNIVERSITARIA ROMA ALLA SAPIENZA PER RICORDARE FUTURISMO

Roma, 23 feb. - (Adnkronos) - "Questa mattina i ragazzi di Azione Universitaria Roma si sono resi protagonisti di un blitz per ricordare il centenario della pubblicazione del Manifesto del Futurismo, dato alle stampe il 20 febbraio 1909 su Le Figaro". E' quanto dichiara in un comunicato stampa Cristian Alicata, presidente di Azione Universitaria della Sapienza. "Un blitz simbolico - spiega Alicata - per rendere omaggio a quello che rappresenta la 'creazione culturale' italiana piu' importante dopo il Rinascimento. Il futurismoha costituito, infatti, l'avanguardia di tutte le avanguardie, cambiando per sempre il modo di intendere l'arte e il rapporto arte-societa'".

"Abbiamo scelto di ricordare questo appuntamento cosi' importante - continua cosi' Alicata - con l'allestimento di tre teli colorati, componenti nell'insieme la bandiera italiana, dalla balconata della Facolta' di Giurisprudenza della Sapienza, accompagnando il tutto con un lancio di volantini contenenti un estratto del Manifesto futurista, cosi' come fece Marinetti nel 1909".
"Non potevamo esimerci dal ricordare il Futurismo - conclude Matteo Petrella, presidente romano di Azione Universitaria - Il movimento di Marinetti costituisce appunto uno dei riferimenti culturali piu' importanti del nostro movimento studentesco da cui traiamo quotidiano spunto per portare avanti le nostre battaglie all'interno delle Universita' italiane".

venerdì 20 febbraio 2009

100 anni di FUTURISMO.... Buon Compleanno


Manifesto del futurismo
“Le Figarò” 20 Febbraio 1909
1-Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità.
2-Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
3-La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità penosa, l’estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.
4-Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità
5-Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante, la cui asta attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.
6-Bisogna che il poeta si prodichi con ardore, sfarzo e magnificenza, per aumentare l’entusiastico fervore degli elementi primordiali.
7-Non vi è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro.
8-Noi siamo sul patrimonio estremo dei secoli! poichè abbiamo già creata l’eterna velocità onnipresente.
9-Noi vogliamo glorificare la guerra-sola igene del mondo-il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore
10-Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria
11-Noi canteremo le locomotive dall’ampio petto, il volo scivolante degli areoplani. E’ dall’Italia che lanciamo questo manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il Futurismo

Queste le parole con cui Filippo Tommaso Marinetti fonda il 20 Febbraio 1909 a Parigi il manifesto futurista.

mercoledì 11 febbraio 2009

I MISTERI DI VIA D'AMELIO


Nei giorni in cui le dichiarazioni di nuovi pentiti potrebbero portare ad una revisione del processo della strage di via D'Amelio, la prima puntata della nuova stagione di Reality , ripercorre il caso Borsellino.

Al vaglio della procura di Palermo sono infatti in questi giorni le dichiarazioni di Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco del capoluogo siciliano, che avrebbe reso noto di una trattativa tra lo Stato e la mafia, di cui il padre si sarebbe fatto mediatore.

L'inchiesta di Silvia Resta parte proprio dal giallo del primo luglio del '92, giorno in cui il giudice Borsellino si sarebbe recato al Viminale dall'allora ministro dell'interno Nicola Mancino. Per la prima volta davanti alle telecamere, un faccia a faccia a distanza tra Salvatore Borsellino, fratello del giudice, e Nicola Mancino, che nega di essere mai stato a conoscenza di una negoziazione con Cosa Nostra e ribadisce: "Quel giorno ho stretto tante mani: non ricordo Borsellino, ma non escludo di poterlo aver incontrato."

lunedì 9 febbraio 2009

FOIBE: La storia negata. 10 febbraio, IO RICORDO !!!


Le Foibe: la storia negata

  • 48 le foibe note ad oggi
  • 17.000 le vittime delle foibe
  • 350.000 gli italiani costretti all'esodo dall'istria, fiume e dalmazia

Foiba
Il termine "foiba" è una corruzione dialettale del latino "fovea", che significa "fossa", le foibe, infatti, sono voragini rocciose, a forma di imbuto rovesciato, create dall'erosione di corsi d'acqua; possono raggiungere i 200 metri di profondità. In Istria sono state registratre più di 1700 foibe.

Causa di morte
1- Proiettili d'arma da fuoco, di solito sparati al cranio
2- precipitazioni dall'alto con gli effetti che ne derivano: fratture multiple, commozione, shock traumatico grave, embolia, etc.
3- trauma da corpo contundente (bastone, calcio di fucile, bottiglie, etc.) o acuminato con conseguenti fratture;
4- questi diversi momenti variamente combinati, isa come cause sovrapposte, sia come concorretni

L'effetto, cioè la morte, non deve essere stato necessariamente immediato: è ammissibile anche che, nonostante ferite e traumi, la morte sia avvenuta a distanza di tempo o per sete o per fame...

NON VOGLIAMO RISCRIVERE LA STORIA, SOLO FARLA CONOSCERE. TUTTA.

Durante l'evento verrà allestita una mostra e proiettati dei documentari.

domenica 8 febbraio 2009

In ricordo di Paolo Di Nella

A 26 anni dal suo sacrificio
PAOLO VIVE NELLA NOSTRA LOTTA Sono passati molti anni da quella notte fredda, e molte cose sono cambiate. Ma non la nostra voglia di ricordare, di continuare a costruire il nostro futuro sull'esempio di Paolo... TRE STORIE... ...PER NON DIMENTICARE La prima storia… …un colpo alle spalle, una vile aggressione Paolo amava il suo quartiere, e proprio in nome di questo amore aveva programmato una battaglia per l'esproprio di Villa Chigi, che voleva far destinare a centro sociale e culturale. Per far partecipare gli abitanti del quartiere a questa battaglia sociale, il 3 febbraio sarebbe dovuta cominciare una raccolta di firme degli abitanti della zona. Paolo, impegnato in prima persona nell’iniziativa, aveva dedicato gran parte della giornata del 2 febbraio ad affiggere manifesti che la rendevano pubblica. Dopo una breve interruzione, l'affissione riprese alle 22.00. Durante il percorso non ci furono incidenti, anche se Paolo e la militante che lo accompagnava, notarono alcune presenze sospette. Verso le 24.45 Paolo si accingeva ad affiggere manifesti su un cartellone, situato su uno spartitraffico di Piazza Gondar, di fronte a dove era situata la fermata Atac del 38. Qui sostavano due ragazzi che, appena Paolo voltò loro le spalle per mettere la colla, si diressero di corsa verso di lui. Uno di loro lo colpì alla testa. Poi sempre di corsa, fuggirono per Via Lagotana. Paolo, ancora stordito per il colpo, si diresse alla macchina, da dove la ragazza che lo accompagnava aveva assistito impotente a tutta la scena. Dopo essersi sciacquato ad una fontanella la ferita, ancora abbondantemente sanguinante, Paolo riportò in sede i manifesti e il secchio di colla. Verso l'1.30, rientrò a casa. I genitori lo sentirono lavarsi i capelli, muoversi inquieto e lamentarsi. Lo soccorsero chiamando un'ambulanza, che però arrivò quando ormai Paolo era già in coma. Solo nella tarda mattinata del giorno dopo, il 3 febbraio (tardi, maledettamente tardi per uno nelle sue condizioni), Paolo venne operato, e gli vennero asportati due ematomi e un tratto di cranio frantumato. La seconda storia… …le indagini Le prime indagini furono condotte con estrema superficialità dal dirigente della DIGOS romana incaricato del caso, il dott. Marchionne. Non ci furono infatti né perquisizioni né fermi di polizia per gli esponenti dell'Aut.Op del quartiere Africano. La ragazza che era con Paolo, unica testimone dell'agguato, venne interrogata dagli inquirenti, che, più che all’accertamento dei fatti, sembravano interessati alla struttura organizzativa del Fronte della Gioventù e ai nomi dei suoi dirigenti. Tutto per dar corpo all'ignobile storiella della "faida interna". L'istruttoria sembrò avere una solerte ripresa quando al capezzale di Paolo arrivò anche l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Passato però il momento di risonanza dovuto a questo gesto, tutto sembrò tornare ad essere chiuso in un cassetto. La sera del 9 febbraio, dopo 7 gg di coma, la solitaria lotta di Paolo contro la morte giunge al termine: alle 20.05 muore. Seguirono giorni di forte tensione, in cui finalmente gli inquirenti si decisero, almeno apparentemente, a dare concretezza alle indagini. Vennero finalmente fatte alcune perquisizioni nelle case dei più noti esponenti dei Collettivi autonomi di Valmelaina e dell'Africano. Uno dei massimi sospettati era Corrado Quarra, individuato perché non nuovo ad aggressioni a ragazzi di destra. Dopo aver tentato varie volte di sottrarsi all'incontro con i magistrati, comportamento che non fece altro che confermare i sospetti su di lui, venne arrestato per caso la notte del 1 agosto ‘83. In un confronto all'americana Daniela, la ragazza che era con Paolo quella notte, lo riconobbe come colui che materialmente colpì Paolo. In conseguenza dell’avvenuto riconoscimento il fermo di polizia a suo carico divenne ordine di cattura per omicidio volontario aggravato da futili motivi. Dopo 3 mesi di silenzio, il 3 novembre la ragazza venne convocata per il secondo riconoscimento. Mentre si concentrava, fu avvicinata da una donna, che fu solo in seguito qualificata come avvocato difensore di uno dei due indiziati, la quale disse alla ragazza di fissarsi sulle caratteristiche somatiche della persona che accompagnava lo sprangatore. Daniela indicò il secondo presunto aggressore con sufficiente sicurezza, nonostante il magistrato le avesse più volte chiesto se ne era sicura. A questo punto si rivelò il tranello in cui era caduta: il giovane da lei riconosciuto non era l’indiziato, ma un amico a lui molto somigliante e per questo appositamente scelto dalla difesa. Inoltre, nel gruppo di persone tra le quali Daniela doveva effettuare il riconoscimento, vi era lo stesso Quarra, che nel frattempo si era fatto crescere la barba. A questo punto il giudice istruttore dr. Calabria disse alla ragazza che, se aveva sbagliato il secondo riconoscimento poteva aver sbagliato anche il primo. Discorso preparatorio finalizzato a facilitare la scarcerazione di Quarra, che avvenne, con proscioglimento da tutte le accuse, il 28/12/1983. Questo avvenimento, che segnò la fine delle indagini sull'omicidio di Paolo, passò sotto silenzio. Se ne avrà infatti notizia solo il 30/05/1984, grazie ad un comunicato stampa del Fronte della Gioventù. La terza storia… …la nostra, nell’Esempio di Paolo E’ stato molto difficile superare i giorni successivi alla morte di Paolo senza lasciarsi trasportare dalla rabbia e dal dolore per la morte di un fratello, ucciso vigliaccamente da un colpo alle spalle. Per chi ha diviso con Lui la militanza quotidiana, non farsi trasportare dalla spirale di tensione di quei momenti non è stato semplice. Il Fronte della Gioventù però ci riuscì è trasformò il furore di allora in lucida determinazione a non arrendersi, ad insistere nella decisione di mettere in pratica una “vendetta” molto particolare: trasformare in realtà i sogni, gli ideali ed i progetti di Paolo. Ed oggi, sebbene molte cose siano cambiate, quello spirito è rimasto lo stesso. Anzi è divenuto più forte, alimentato dall’amore di chi ha portato avanti le nostre idee quando questo significava rischiare tutto e dall’entusiasmo che l’esempio di Paolo ha acceso negli occhi di molti ragazzi che hanno cominciato a fare politica dopo il suo sacrificio. E quella vendetta che allora si decise di portare avanti ha dato i suoi risultati, che sono andati oltre ogni aspettativa. Quella vendetta infatti si attua ogni volta che uno di noi, entrando a far parte di un qualsiasi livello delle istituzioni, facendo politica nelle scuole o attività per le strade dei nostri quartieri, riesce a dare vita a quello in cui crede, a quello in cui credeva anche Paolo. E allora ogni assemblea d’istituto che riusciremo ad ottenere, ogni parco che riusciremo a far destinare a verde pubblico, ogni proposta di legge che riusciremo a far approvare, ogni battaglia culturale e sociale che porteremo avanti, sarà come far rivivere Paolo. O meglio, sarà come se non se ne fosse mai andato, perché riuscirà, attraverso di noi, a realizzare quello in cui ha sempre creduto, fino al sacrificio estremo. E’ difficile parlare di Paolo, che ha dato la vita per quell’Ideale in cui tutti crediamo, che è stato capace di sacrificare la propria giovinezza in nome di qualcosa di più alto, di più luminoso, di più vero. E’ difficile perché qualunque parola sembra inappropriata se usata per descrivere il gesto di un ragazzo come noi, che per il solo fatto di aver scelto la strada più dura, è morto a vent’anni. E’ difficile perché di fronte al sacrificio estremo spesso ci si sente estremamente piccoli e inadeguati e qualunque cosa si dica o si faccia sembra sciocca. E’ difficile, ma vogliamo provarci lo stesso, seguendo quel filo rosso che ci lega indissolubilmente a chi ha percorso prima di noi la strada sulla quale oggi stiamo camminando. Molti di noi hanno conosciuto Paolo solo ascoltando i ricordi di chi ha diviso con Lui la militanza quotidiana, leggendo la sua storia, guardando negli occhi sua madre. Eppure possiamo dire di aver vissuto con Lui, perché dividiamo la stessa anima. Stasera, come in tutti gli altri giorni della nostra vita, vogliamo dire a Paolo, e a tutti quelli che sono con lui in quella verde valle lontana e senza tempo, che noi ci siamo. Con tutte le nostre debolezze, con la stanchezza e lo scoraggiamento che a volte si fanno davvero pesanti, con i piccoli sacrifici di ogni giorno, che non sono niente se paragonati al loro. Ci siamo, e continuiamo, nel nostro mondo e nel nostro tempo, a percorrere la strada che prima di noi ha visto i loro passi svelti attraversare la vita, consapevoli del fatto che abbiamo scelto di vivere un ideale che va oltre il tempo e oltre la storia, un ideale che ha vissuto in loro e che ora vive in noi. Ci siamo, e sappiamo che in ogni semplicissimo atto della militanza di ogni giorno, come un’affissione, un volantinaggio, una riunione, un’assemblea, ci sono con noi anche loro. C’è chi il sangue è chiamato a versarlo tutto insieme e chi goccia a goccia: quando ci sentiamo stanchi e scoraggiati, quando ci assalgono i dubbi sulla scelta della militanza, sarà sufficiente pensare a chi, ragazzo di vent’anni come noi, ha versato il suo sangue tutto insieme e ci ha lasciato il dono più prezioso che si possa mai ricevere: un esempio da seguire.

giovedì 15 gennaio 2009

VIa D'Amelio, Borsellino, Le trattative tra Stato e mafia

Le dichiarazioni del figlio di Ciancimino chiariscono ancor più quanto il fratello di Borsellino aveva denunciato due anni fa. Tra la mafia e lo Stato c'era stata una trattativa in cui cosa nostra aveva avanzato una serie di proposte e in cambio di queste si sarebbe impegnata a porre fine alla stagione delle stragi. Pochi giorni prima di perdere la vita, Paolo Borsellino venne messo al corrente che in questo PATTO SIGLATO TRA MAFIA E STATO c'era tra i punti, la revisione del maxi processo. Ovviamente Paolo Borsellino non accettò l'infame accordo e uscì dalla sala sconvolto rivelando a chi gli era vicino che il pacco di tritolo per lui era già a Palermo. Il giorno dopo perse la vita. C'è ancora un altro capitolo da denunciare: che fine ha fatto l'agenda rossa su cui il giudice scriveva ogni giorno e su cui aveva certamente scritto anche di quell'incontro segretissimo le indagini sono ancora in corso e da foto e immagini scattate subito dopo la strage si intravede Giovanni Arcangioli, allora capitano dei carabinieri, portare via la Borsa del giudice dov'era contenuta l'agenda... ma la borsa ricompare dopo mezz'ora priva di questa! La moglie di Borsellino non accettò per il marito i funerali di Stato sapendo benissimo il ruolo che lo Stato tenne nei confronti dell'eroe Paolo.

martedì 6 gennaio 2009

Attacco su Gaza

di Alfonso Desiderio - carta di Laura Canali
(da Limes)
Israele ha lanciato l'annunciata offensiva su Gaza. Dopo i raid aerei le truppe israeliane sono tornate nella Striscia di Gaza. Nella mappa di Limes i principali obiettivi degli attacchi e le principali caratteristiche geopolitiche della Striscia controllata da Hamas.
(27/12/08 aggiornato il 5/1/09)

attacco a Gaza
Le forze armate israeliane hanno lanciato il 27 dicembre l'annunciata offensiva contro la Striscia di Gaza dopo la fine della tregua e il lancio di razzi sulle città israeliane. L'obiettivo principale dei raid aerei è stata la città di Gaza, ma sono stati colpiti anche le vicinanze della città e l'area lungo il confine con l'Egitto.

Il 3 gennaio le truppe israeliane sono entrate nella Striscia e scontri sono avvenuti a Beit Lahiya, il campo profughi di Jabaliya e la città di Gaza. L'esercito israeliano ha preso il controllo di una strada strategica all'altezza di al-Nusayrat spezzando in due il controllo palestinese della Striscia. I combattimenti si concentrano nel settore nord, nella zona della città di Gaza.

Nella carta i razzi palestinesi, gli obiettivi dei raid israeliani, le direttrici dell'offensiva di terra, i distretti militari di Hamas, i probabili tunnel clandestini di collegamento, i checkpoint, le principali strade.

Perché la guerra di Gaza è una tragedia domestica

di Lucio Caracciolo
(da Limes)
La questione demografica. L'assenza di un campo palestinese unitario. La Palestina non è più una priorità. Per Israele è una questione interna. Le mini-galassie palestinesi. Tutti troppo deboli per accettare un compromesso.
(articolo pubblicato su La Repubblica il 5/1/09)

Ci sono problemi che si possono risolvere e problemi insolubili. Da tempo gli apparati di sicurezza israeliani, più influenti dei governi anche perché più stabili, hanno deciso che la questione palestinese appartiene alla seconda categoria. Non ha soluzione. Quindi a rigore non è un problema. È una crisi permanente da gestire perché non diventi troppo acuta. Talvolta con terapie d´urto, come oggi a Gaza.

Per capire la guerra in corso, conviene inquadrarla sullo sfondo dell´opzione strategica perseguita da Israele a partire dal fallimento del vertice di Camp David e dei colloqui di Taba sullo "status finale", nel 2000-2001. Da allora, l´establishment di sicurezza israeliano, appoggiato dalla Casa Bianca, ha affrontato il problema/non problema palestinese a partire da tre postulati.

Primo: nel giro di pochi anni fra Mediterraneo e Giordano gli arabi saranno maggioranza. Ciò minaccia il carattere ebraico dello Stato di Israele, che non è negoziabile. Dunque o creiamo uno staterello palestinese a fianco del nostro, incapace di minacciarci, oppure dobbiamo tenere i palestinesi sotto controllo con la forza. E possibilmente divisi. La prima ipotesi resta il mantra della diplomazia ufficiale, la seconda corrisponde alle iniziative sul terreno, dall´espansione degli insediamenti alla caccia al terrorista nelle strade di Gaza City.

Di fatto, come oltre quattro anni fa spiegava il braccio destro di Sharon, Dov Weisglass, «l´intero pacchetto chiamato Stato palestinese, con tutte le sue implicazioni, è stato rimosso dall´agenda a tempo indeterminato». Olmert non ha deviato dall´approccio del suo predecessore. La conferenza di Annapolis è stata una mascherata, cui ha partecipato più o meno consapevolmente lo stesso Abu Mazen, simbolo dell´impotenza palestinese.

Secondo: non esiste un campo palestinese unitario, né Israele ha interesse a che si formi, nella prospettiva demografica sopra evocata. Coerentemente, negli ultimi anni i governi israeliani hanno prima trattato Arafat come un leader inaffidabile, poi concesso una patente di affidabilità al suo pallido successore, sapendo che comunque Abu Mazen non dispone dell´autorità sufficiente a riunire i palestinesi. Quanto a Hamas, è solo una banda di terroristi che vogliono distruggere Israele. Risultato: anche se volesse promuovere uno Stato palestinese, lo Stato ebraico non potrebbe. Perché la fazione palestinese disponibile a battezzarne uno purchessia è troppo debole per controllarlo, mentre l´altra vorrebbe un solo Stato, ma arabo e non ebraico.

Terzo: in ogni caso i palestinesi non sono una priorità. Per il resto del mondo (arabi e islamici compresi), ma soprattutto per Israele. Non è certo Hamas che può distruggere lo Stato ebraico. La minaccia strategica è l´Iran. Non solo in quanto deciso a dotarsi di un arsenale atomico capace di rivaleggiare con quello (mai dichiarato) di Gerusalemme, ma anche in quanto potenza nemica capace di utilizzare i terroristi arabi e islamici per tenere Israele sotto schiaffo. Hizbullah, ma anche Hamas. Sicché oggi la battaglia di Gaza è sotto questo profilo uno scontro indiretto fra Gerusalemme e Teheran.

Si può respingere in tutto o in parte tale analisi. Ma possiede una sua logica. I palestinesi non hanno saputo opporvi una visione coerente e unitaria. Giacché ormai le loro organizzazioni principali, Hamas inclusa, sono delle mini-galassie in cui interessi particolari (spesso criminali), piccoli clan e bande di disperati si contendono le scarse risorse disponibili. Strette nella morsa israeliana. Mentre attori esterni, arabi (sauditi in testa) e islamici (vedi Teheran) usano i palestinesi per fini propri, spesso contrastanti.

La deriva dal nazionalismo all´islamismo che segna l´ultima fase di Arafat e l´ascesa di Hamas esprime la crisi dell´identità palestinese così come era stata reinventata dall´Olp a partire dagli anni Sessanta. E rafforza a Gerusalemme coloro che considerano vano inventare una nazione che non c´è. Figuriamoci affidarle uno Stato. Nessuno sembra in grado di riunificare le fazioni e i territori palestinesi. Né pare che la progressione dei coloni ebraici in Cisgiordania - che ruota sull´asse Gerusalemme-Ma´ale Adumim, destinato a bisecare i "bantustan" residui - possa essere arrestata.

Vista da Israele la guerra di Gaza non è dunque una crisi internazionale ma una partita domestica. Nel breve, per l´ovvio tentativo di Kadima e dei laburisti di sottrarre voti alla destra di Netanyahu alle elezioni del 10 febbraio. In prospettiva, per riaffermare che la questione palestinese appartiene alla sfera della sicurezza interna e basta. In questo senso Piombo Fuso è più un´operazione di polizia con mezzi militari che una vera e propria guerra.

Non a caso gli israeliani osservano con preoccupazione le
reazioni dei "loro" palestinesi, ossia degli arabi che abitano nello spazio dello Stato ebraico, pur non essendovi davvero integrati. I quali peraltro restano allo stesso tempo refrattari a soggiacere a un´autorità palestinese, viste le performance di Fatah a Ramallah e di Hamas a Gaza. Per Gerusalemme, la saldatura fra le proteste nelle sacche arabe di Israele e quelle nei Territori va evitata ad ogni costo.

Anche fra i palestinesi la battaglia di Gaza ha connotati interni. Hamas provoca gli israeliani non perché pensi di batterli, ma per consolidare la sua fama di unica struttura combattente della resistenza palestinese, inconciliabile con il "Quisling" Abu Mazen. Il quale tifa nemmeno troppo segretamente per Israele, dato che da solo non potrebbe mai sbarazzarsi di Hamas (ma è piuttosto ottimistico pensare che ci riesca Olmert). Solo una prolungata guerra di logoramento a Gaza può riavvicinare, almeno provvisoriamente, le fazioni palestinesi in lotta. In nome dell´odio per gli israeliani.

La tragedia è che nessuna delle parti in causa, nemmeno la più potente (Israele), può raggiungere i suoi obiettivi strategici. E nessuna è abbastanza forte e sicura di sé per accettare un compromesso con le altre. La guerra continua. E non finirà con la fine di Piombo Fuso.