PAOLO VIVE NELLA NOSTRA LOTTA Sono passati molti anni da quella notte fredda, e molte cose sono cambiate. Ma non la nostra voglia di ricordare, di continuare a costruire il nostro futuro sull'esempio di Paolo... TRE STORIE... ...PER NON DIMENTICARE La prima storia… …un colpo alle spalle, una vile aggressione Paolo amava il suo quartiere, e proprio in nome di questo amore aveva programmato una battaglia per l'esproprio di Villa Chigi, che voleva far destinare a centro sociale e culturale. Per far partecipare gli abitanti del quartiere a questa battaglia sociale, il 3 febbraio sarebbe dovuta cominciare una raccolta di firme degli abitanti della zona. Paolo, impegnato in prima persona nell’iniziativa, aveva dedicato gran parte della giornata del 2 febbraio ad affiggere manifesti che la rendevano pubblica. Dopo una breve interruzione, l'affissione riprese alle 22.00. Durante il percorso non ci furono incidenti, anche se Paolo e la militante che lo accompagnava, notarono alcune presenze sospette. Verso le 24.45 Paolo si accingeva ad affiggere manifesti su un cartellone, situato su uno spartitraffico di Piazza Gondar, di fronte a dove era situata la fermata Atac del 38. Qui sostavano due ragazzi che, appena Paolo voltò loro le spalle per mettere la colla, si diressero di corsa verso di lui. Uno di loro lo colpì alla testa. Poi sempre di corsa, fuggirono per Via Lagotana. Paolo, ancora stordito per il colpo, si diresse alla macchina, da dove la ragazza che lo accompagnava aveva assistito impotente a tutta la scena. Dopo essersi sciacquato ad una fontanella la ferita, ancora abbondantemente sanguinante, Paolo riportò in sede i manifesti e il secchio di colla. Verso l'1.30, rientrò a casa. I genitori lo sentirono lavarsi i capelli, muoversi inquieto e lamentarsi. Lo soccorsero chiamando un'ambulanza, che però arrivò quando ormai Paolo era già in coma. Solo nella tarda mattinata del giorno dopo, il 3 febbraio (tardi, maledettamente tardi per uno nelle sue condizioni), Paolo venne operato, e gli vennero asportati due ematomi e un tratto di cranio frantumato. La seconda storia… …le indagini Le prime indagini furono condotte con estrema superficialità dal dirigente della DIGOS romana incaricato del caso, il dott. Marchionne. Non ci furono infatti né perquisizioni né fermi di polizia per gli esponenti dell'Aut.Op del quartiere Africano. La ragazza che era con Paolo, unica testimone dell'agguato, venne interrogata dagli inquirenti, che, più che all’accertamento dei fatti, sembravano interessati alla struttura organizzativa del Fronte della Gioventù e ai nomi dei suoi dirigenti. Tutto per dar corpo all'ignobile storiella della "faida interna". L'istruttoria sembrò avere una solerte ripresa quando al capezzale di Paolo arrivò anche l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Passato però il momento di risonanza dovuto a questo gesto, tutto sembrò tornare ad essere chiuso in un cassetto. La sera del 9 febbraio, dopo 7 gg di coma, la solitaria lotta di Paolo contro la morte giunge al termine: alle 20.05 muore. Seguirono giorni di forte tensione, in cui finalmente gli inquirenti si decisero, almeno apparentemente, a dare concretezza alle indagini. Vennero finalmente fatte alcune perquisizioni nelle case dei più noti esponenti dei Collettivi autonomi di Valmelaina e dell'Africano. Uno dei massimi sospettati era Corrado Quarra, individuato perché non nuovo ad aggressioni a ragazzi di destra. Dopo aver tentato varie volte di sottrarsi all'incontro con i magistrati, comportamento che non fece altro che confermare i sospetti su di lui, venne arrestato per caso la notte del 1 agosto ‘83. In un confronto all'americana Daniela, la ragazza che era con Paolo quella notte, lo riconobbe come colui che materialmente colpì Paolo. In conseguenza dell’avvenuto riconoscimento il fermo di polizia a suo carico divenne ordine di cattura per omicidio volontario aggravato da futili motivi. Dopo 3 mesi di silenzio, il 3 novembre la ragazza venne convocata per il secondo riconoscimento. Mentre si concentrava, fu avvicinata da una donna, che fu solo in seguito qualificata come avvocato difensore di uno dei due indiziati, la quale disse alla ragazza di fissarsi sulle caratteristiche somatiche della persona che accompagnava lo sprangatore. Daniela indicò il secondo presunto aggressore con sufficiente sicurezza, nonostante il magistrato le avesse più volte chiesto se ne era sicura. A questo punto si rivelò il tranello in cui era caduta: il giovane da lei riconosciuto non era l’indiziato, ma un amico a lui molto somigliante e per questo appositamente scelto dalla difesa. Inoltre, nel gruppo di persone tra le quali Daniela doveva effettuare il riconoscimento, vi era lo stesso Quarra, che nel frattempo si era fatto crescere la barba. A questo punto il giudice istruttore dr. Calabria disse alla ragazza che, se aveva sbagliato il secondo riconoscimento poteva aver sbagliato anche il primo. Discorso preparatorio finalizzato a facilitare la scarcerazione di Quarra, che avvenne, con proscioglimento da tutte le accuse, il 28/12/1983. Questo avvenimento, che segnò la fine delle indagini sull'omicidio di Paolo, passò sotto silenzio. Se ne avrà infatti notizia solo il 30/05/1984, grazie ad un comunicato stampa del Fronte della Gioventù. La terza storia… …la nostra, nell’Esempio di Paolo E’ stato molto difficile superare i giorni successivi alla morte di Paolo senza lasciarsi trasportare dalla rabbia e dal dolore per la morte di un fratello, ucciso vigliaccamente da un colpo alle spalle. Per chi ha diviso con Lui la militanza quotidiana, non farsi trasportare dalla spirale di tensione di quei momenti non è stato semplice. Il Fronte della Gioventù però ci riuscì è trasformò il furore di allora in lucida determinazione a non arrendersi, ad insistere nella decisione di mettere in pratica una “vendetta” molto particolare: trasformare in realtà i sogni, gli ideali ed i progetti di Paolo. Ed oggi, sebbene molte cose siano cambiate, quello spirito è rimasto lo stesso. Anzi è divenuto più forte, alimentato dall’amore di chi ha portato avanti le nostre idee quando questo significava rischiare tutto e dall’entusiasmo che l’esempio di Paolo ha acceso negli occhi di molti ragazzi che hanno cominciato a fare politica dopo il suo sacrificio. E quella vendetta che allora si decise di portare avanti ha dato i suoi risultati, che sono andati oltre ogni aspettativa. Quella vendetta infatti si attua ogni volta che uno di noi, entrando a far parte di un qualsiasi livello delle istituzioni, facendo politica nelle scuole o attività per le strade dei nostri quartieri, riesce a dare vita a quello in cui crede, a quello in cui credeva anche Paolo. E allora ogni assemblea d’istituto che riusciremo ad ottenere, ogni parco che riusciremo a far destinare a verde pubblico, ogni proposta di legge che riusciremo a far approvare, ogni battaglia culturale e sociale che porteremo avanti, sarà come far rivivere Paolo. O meglio, sarà come se non se ne fosse mai andato, perché riuscirà, attraverso di noi, a realizzare quello in cui ha sempre creduto, fino al sacrificio estremo. E’ difficile parlare di Paolo, che ha dato la vita per quell’Ideale in cui tutti crediamo, che è stato capace di sacrificare la propria giovinezza in nome di qualcosa di più alto, di più luminoso, di più vero. E’ difficile perché qualunque parola sembra inappropriata se usata per descrivere il gesto di un ragazzo come noi, che per il solo fatto di aver scelto la strada più dura, è morto a vent’anni. E’ difficile perché di fronte al sacrificio estremo spesso ci si sente estremamente piccoli e inadeguati e qualunque cosa si dica o si faccia sembra sciocca. E’ difficile, ma vogliamo provarci lo stesso, seguendo quel filo rosso che ci lega indissolubilmente a chi ha percorso prima di noi la strada sulla quale oggi stiamo camminando. Molti di noi hanno conosciuto Paolo solo ascoltando i ricordi di chi ha diviso con Lui la militanza quotidiana, leggendo la sua storia, guardando negli occhi sua madre. Eppure possiamo dire di aver vissuto con Lui, perché dividiamo la stessa anima. Stasera, come in tutti gli altri giorni della nostra vita, vogliamo dire a Paolo, e a tutti quelli che sono con lui in quella verde valle lontana e senza tempo, che noi ci siamo. Con tutte le nostre debolezze, con la stanchezza e lo scoraggiamento che a volte si fanno davvero pesanti, con i piccoli sacrifici di ogni giorno, che non sono niente se paragonati al loro. Ci siamo, e continuiamo, nel nostro mondo e nel nostro tempo, a percorrere la strada che prima di noi ha visto i loro passi svelti attraversare la vita, consapevoli del fatto che abbiamo scelto di vivere un ideale che va oltre il tempo e oltre la storia, un ideale che ha vissuto in loro e che ora vive in noi. Ci siamo, e sappiamo che in ogni semplicissimo atto della militanza di ogni giorno, come un’affissione, un volantinaggio, una riunione, un’assemblea, ci sono con noi anche loro. C’è chi il sangue è chiamato a versarlo tutto insieme e chi goccia a goccia: quando ci sentiamo stanchi e scoraggiati, quando ci assalgono i dubbi sulla scelta della militanza, sarà sufficiente pensare a chi, ragazzo di vent’anni come noi, ha versato il suo sangue tutto insieme e ci ha lasciato il dono più prezioso che si possa mai ricevere: un esempio da seguire.
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