La Cina è diventata una potenza militare nello spazio l’11 gennaio 2007, quando Pechino ha effettuato con successo un test che prevedeva la distruzione di un proprio satellite in disuso nello spazio. Pechino non aveva annunciato il test e anzi ha confermato la notizia solo il 23 gennaio successivo. Un missile balistico cinese lanciato dalla base di Xichang nella Cina sudorientale ha portato nello spazio un proiettile che ha colpito e distrutto un vecchio satellite metereologico cinese.
Fin dalla guerra fredda Stati Uniti e Unione Sovietica/Russia hanno portato avanti programmi di sviluppo di armi antisatellite, ma finora l’unico test portato a termine con successo – di cui si ha notizia certa – è stato quello compiuto dagli Usa nel 1985, quando un missile lanciato da un cacciabombardiere F-15 portò in orbita un veicolo che colpì e distrusse il satellite americano Solwind. Le armi antisatellite sono un elemento chiave nella competizione militare spaziale, l'ultima frontiera dei conflitti di potenza tra Stati. I paesi più avanzati sono sempre più dipendenti dai satelliti, strumenti insostituibili nel campo della comunicazione, della navigazione e dell’osservazione e ormai fondamentali in campo politico, militare ed economico.
La Cina è una potenza dello spazio dal 2003 quando è riuscita a portare con mezzi propri il primo cinese nello spazio con la missione Shenzou 5 e ha annunciato di voler inviare prima una sonda e poi un veicolo robotizzato sulla Luna nei prossimi anni. Pechino hanno sempre dichiarato di voler perseguire scopi pacifici nella propria corsa allo spazio. Ma fino agli anni Novanta il programma spaziale cinese era gestito dalle forze armate e anche successivamente è stato gestito da organizzazioni statali collegate al complesso industriale militare.
In realtà è sempre molto difficile distinguere tra attività spaziali a scopo pacifico o militare. Fin dal lancio dello Sputnik nel 1957 la corsa alla spazio ha avuto due facce, quella dell'esplorazione e della ricerca scientifica e quella militare. Oggi questa caratteristica è sintetizzata dal concetto del Dual Use, che caratterizza oggi buona parte delle attività spaziali, e cioè la possibilità di utilizzare la stessa tecnologia, lo stesso mezzo spaziale sia per scopi militari che di ricerca o commerciali.
Questo fenomeno è ancora più amplificato oggi con le trasformazioni militari legate all’information warfare e con l'evoluzione del concetto stesso di sicurezza.
Aldilà dei più tradizionali utilizzi come missili, armi collocate nello spazio sia contro altri mezzi spaziali (satelliti) o obiettivi terrestri, anche tutte le informazioni ottenibili attraverso lo spazio diventano elementi di rilevanza militare. La stessa osservazione della terra può essere utilizzata a scopo scientifico: per la gestione del traffico delle città, per il controllo di rotte e di traffici di vari mezzi, navali in primo luogo, per l’identificazione e la gestione di crisi ambientali; ma anche per la gestione di operazioni militari, fino al coordinamento dei singoli mezzi militari sul campo come prospettato dalle innovazioni americane nel settore. Per non parlare poi delle enormi possibilità di applicazioni nel campo dell'intelligence.
Anche le organizzazioni comuni europee - l'Agenzia Spaziale Europea e l'Unione Europea - che sono state quelle che hanno maggiormente perseguito obiettivi esclusivamente pacifici nelle attività spaziali, stanno cambiando attitudini e obiettivi, caratterizzando i loro progetti in maniera più strategica pur rimanendo nell'ambiguità del Dual Use. Negli Stati Uniti (e in Urss/Russia) l'obiettivo principale è sempre stato quello strategico-militare. Negli Usa è più facile distinguere il tipo di attività a seconda dell'ente responsabile, la Nasa o il Pentagono. Quest'ultimo però sta diventando sempre più il soggetto principale dei programmi spaziali americani.
Tra gli investimenti statunitensi e quelli cinesi c'è un abisso. La proporzione è tra quattro e otto volte a vantaggio di Washington. Non c'è un dato chiaro perché è difficile quantificare gli investimenti di Pechino. In campo spaziale però la ricchezza non è tutto. Nonostante i grandi successi ottenuti la tecnologia spaziale è ancora in una fase pioneristica. Basta una mossa azzeccata e un programma di successo per modificare gli equilibri indipendentemente dai soldi investiti. La Cina ha il vantaggio di essere arrivata dopo e di poter concentrare gli sforzi in settori chiave.
In particolare in campo militare già ragiona in termini molto avanzati secondo una visione innovativa della guerra moderna non legata agli schemi della guerra fredda o della guerra tradizionale di tipo industriale.
Ad esempio Pechino ha un importante e avanzato programma di costruzione e lancio di nano satelliti, sotto i cento chilogrammi di peso. Le organizzazioni e le aziende occidentali hanno investito anni e miliardi nella realizzazione di satelliti sempre più grandi e pesanti e conseguentemente su vettori sempre più grandi e potenti (e costosi) per poterli lanciare nello spazio, quando poi si è scoperto che la nuova tendenza era quella di realizzare satelliti sempre più piccoli da lanciare con vettori meno potenti e costosi.
Il 18 aprile 2004 la Cina ha lanciato nello spazio il suo primo nano-satellite, il Naxing 1, che non è solo un successo importante dal punto di vista tecnologico e industriale. I nano satelliti hanno il vantaggio di essere più difficilmente individuabili e quindi possono essere colpiti meno facilmente dalle nuove armi antisatellite. Sono quindi molto importanti da un punto di vista militare.
Ormai è partita una nuova corsa allo spazio, come nella guerra fredda. Dopo l'ingresso di Pechino nel club delle potenze in grado di inviare uomini nello spazio con mezzi propri (accanto a Usa e Russia), gli Stati Uniti hanno risposto il 14 gennaio 2004 con l'annuncio da parte del presidente Bush di un nuovo ambizioso programma spaziale -dopo la crisi del programma Shuttle - e che prevede il ritorno sulla Luna e la preparazione di una missione umana verso Marte. Nel 2006 la nuova National Space Policy americana ha posto l’obiettivo di rafforzare la leadership della nazione nello spazio, di disporre dei mezzi per raggiungere gli obiettivi di sicurezza nazionale e di politica estera e di difendere gli interessi americani. L’amministrazione statunitense si è riservata la più ampia libertà di azione in questo campo, rifiutando accordi che possano limitare la flessibilità dell’azione americana e affermando il diritto a negare l’accesso allo spazio a eventuali soggetti ostili agli interessi americani.
Il paradosso è che la Cina deve molto a Washington in campo spaziale. Lo scienziato Tsien Hsue-shen, il padre del programma spaziale cinese, viveva e lavorava negli Stati Uniti dove si era trasferito negli anni Trenta e dove aveva collaborato ai grandi progressi americani in campo missilistico a partire dalla seconda guerra mondiale. Accusato di essere comunista negli anni Cinquanta e in pratica cacciato dagli Usa, tornò in Cina nel 1955 dove diventò il capo del programma missilistico cinese e il mentore di una intera generazione di scienziati cinesi..
Da Limes (Rivista italiana di Geopolitica)
Fin dalla guerra fredda Stati Uniti e Unione Sovietica/Russia hanno portato avanti programmi di sviluppo di armi antisatellite, ma finora l’unico test portato a termine con successo – di cui si ha notizia certa – è stato quello compiuto dagli Usa nel 1985, quando un missile lanciato da un cacciabombardiere F-15 portò in orbita un veicolo che colpì e distrusse il satellite americano Solwind. Le armi antisatellite sono un elemento chiave nella competizione militare spaziale, l'ultima frontiera dei conflitti di potenza tra Stati. I paesi più avanzati sono sempre più dipendenti dai satelliti, strumenti insostituibili nel campo della comunicazione, della navigazione e dell’osservazione e ormai fondamentali in campo politico, militare ed economico.
La Cina è una potenza dello spazio dal 2003 quando è riuscita a portare con mezzi propri il primo cinese nello spazio con la missione Shenzou 5 e ha annunciato di voler inviare prima una sonda e poi un veicolo robotizzato sulla Luna nei prossimi anni. Pechino hanno sempre dichiarato di voler perseguire scopi pacifici nella propria corsa allo spazio. Ma fino agli anni Novanta il programma spaziale cinese era gestito dalle forze armate e anche successivamente è stato gestito da organizzazioni statali collegate al complesso industriale militare.
In realtà è sempre molto difficile distinguere tra attività spaziali a scopo pacifico o militare. Fin dal lancio dello Sputnik nel 1957 la corsa alla spazio ha avuto due facce, quella dell'esplorazione e della ricerca scientifica e quella militare. Oggi questa caratteristica è sintetizzata dal concetto del Dual Use, che caratterizza oggi buona parte delle attività spaziali, e cioè la possibilità di utilizzare la stessa tecnologia, lo stesso mezzo spaziale sia per scopi militari che di ricerca o commerciali.
Questo fenomeno è ancora più amplificato oggi con le trasformazioni militari legate all’information warfare e con l'evoluzione del concetto stesso di sicurezza.
Aldilà dei più tradizionali utilizzi come missili, armi collocate nello spazio sia contro altri mezzi spaziali (satelliti) o obiettivi terrestri, anche tutte le informazioni ottenibili attraverso lo spazio diventano elementi di rilevanza militare. La stessa osservazione della terra può essere utilizzata a scopo scientifico: per la gestione del traffico delle città, per il controllo di rotte e di traffici di vari mezzi, navali in primo luogo, per l’identificazione e la gestione di crisi ambientali; ma anche per la gestione di operazioni militari, fino al coordinamento dei singoli mezzi militari sul campo come prospettato dalle innovazioni americane nel settore. Per non parlare poi delle enormi possibilità di applicazioni nel campo dell'intelligence.
Anche le organizzazioni comuni europee - l'Agenzia Spaziale Europea e l'Unione Europea - che sono state quelle che hanno maggiormente perseguito obiettivi esclusivamente pacifici nelle attività spaziali, stanno cambiando attitudini e obiettivi, caratterizzando i loro progetti in maniera più strategica pur rimanendo nell'ambiguità del Dual Use. Negli Stati Uniti (e in Urss/Russia) l'obiettivo principale è sempre stato quello strategico-militare. Negli Usa è più facile distinguere il tipo di attività a seconda dell'ente responsabile, la Nasa o il Pentagono. Quest'ultimo però sta diventando sempre più il soggetto principale dei programmi spaziali americani.
Tra gli investimenti statunitensi e quelli cinesi c'è un abisso. La proporzione è tra quattro e otto volte a vantaggio di Washington. Non c'è un dato chiaro perché è difficile quantificare gli investimenti di Pechino. In campo spaziale però la ricchezza non è tutto. Nonostante i grandi successi ottenuti la tecnologia spaziale è ancora in una fase pioneristica. Basta una mossa azzeccata e un programma di successo per modificare gli equilibri indipendentemente dai soldi investiti. La Cina ha il vantaggio di essere arrivata dopo e di poter concentrare gli sforzi in settori chiave.
In particolare in campo militare già ragiona in termini molto avanzati secondo una visione innovativa della guerra moderna non legata agli schemi della guerra fredda o della guerra tradizionale di tipo industriale.
Ad esempio Pechino ha un importante e avanzato programma di costruzione e lancio di nano satelliti, sotto i cento chilogrammi di peso. Le organizzazioni e le aziende occidentali hanno investito anni e miliardi nella realizzazione di satelliti sempre più grandi e pesanti e conseguentemente su vettori sempre più grandi e potenti (e costosi) per poterli lanciare nello spazio, quando poi si è scoperto che la nuova tendenza era quella di realizzare satelliti sempre più piccoli da lanciare con vettori meno potenti e costosi.
Il 18 aprile 2004 la Cina ha lanciato nello spazio il suo primo nano-satellite, il Naxing 1, che non è solo un successo importante dal punto di vista tecnologico e industriale. I nano satelliti hanno il vantaggio di essere più difficilmente individuabili e quindi possono essere colpiti meno facilmente dalle nuove armi antisatellite. Sono quindi molto importanti da un punto di vista militare.
Ormai è partita una nuova corsa allo spazio, come nella guerra fredda. Dopo l'ingresso di Pechino nel club delle potenze in grado di inviare uomini nello spazio con mezzi propri (accanto a Usa e Russia), gli Stati Uniti hanno risposto il 14 gennaio 2004 con l'annuncio da parte del presidente Bush di un nuovo ambizioso programma spaziale -dopo la crisi del programma Shuttle - e che prevede il ritorno sulla Luna e la preparazione di una missione umana verso Marte. Nel 2006 la nuova National Space Policy americana ha posto l’obiettivo di rafforzare la leadership della nazione nello spazio, di disporre dei mezzi per raggiungere gli obiettivi di sicurezza nazionale e di politica estera e di difendere gli interessi americani. L’amministrazione statunitense si è riservata la più ampia libertà di azione in questo campo, rifiutando accordi che possano limitare la flessibilità dell’azione americana e affermando il diritto a negare l’accesso allo spazio a eventuali soggetti ostili agli interessi americani.
Il paradosso è che la Cina deve molto a Washington in campo spaziale. Lo scienziato Tsien Hsue-shen, il padre del programma spaziale cinese, viveva e lavorava negli Stati Uniti dove si era trasferito negli anni Trenta e dove aveva collaborato ai grandi progressi americani in campo missilistico a partire dalla seconda guerra mondiale. Accusato di essere comunista negli anni Cinquanta e in pratica cacciato dagli Usa, tornò in Cina nel 1955 dove diventò il capo del programma missilistico cinese e il mentore di una intera generazione di scienziati cinesi..
Da Limes (Rivista italiana di Geopolitica)
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