di Francesco Sisci
RUBRICA SINICA. Il disastro nucleare giapponese, l'intervento occidentale in Libia e la rivolta in Siria gettano benzina sul fuoco dell'incubo più grande di Pechino: l'inflazione alimentare e petrolifera.
(carta di Laura Canali tratta da Limes 4/2008 "Il marchio giallo" - clicca sulla carta per legenda e possibilità di ingrandire)
PECHINO - Lo scorso sabato 26 marzo alcune manifestazioni antigovernative hanno ingolfato diverse città della Siria, un paese mediorientale retto da una vecchia dittatura che sostiene i fondamentalisti islamici che periodicamente attaccano Israele dal Libano meridionale.
Il presidente siriano, l'oftalmologo quarantacinquenne Bashar al Assad, che ha ereditato la posizione dal padre Hafez al Assad, ha presumibilmente ordinato alle truppe di aprire il fuoco contro i manifestanti.
Durante il weekend, i media internazionali hanno parlato di decine di morti e si è andata sviluppando la possibilità di un cambiamento di regime o di un intervento occidentale a supporto dei manifestanti antigovernativi.
Una settimana prima, una coalizione di forze statunitensi, francesi, britanniche e italiane è intervenuta in Libia contro Muammar Gheddafi in sostegno dei ribelli che stavano perdendo la guerra. Se, nei prossimi giorni, i manifestanti siriani perderanno nei combattimenti contro Assad, gli Stati Uniti rimarranno in disparte e seguiranno freddamente le azioni repressive?