L’Italia senza la Sicilia non lascia immagine nello spirito: soltanto qui è la chiave di tutto. (Goethe)

sabato 10 luglio 2010

Comunità giovanili - Chi nel Pdl mi critica si prenda la responsabilità di abbandonare i giovani

Caro Direttore, leggendo oggi la rassegna stampa mi rendo conto di come gli insulti, le risse e le sceneggiate napoletane verificatesi in Parlamento rischino di coprire la sostanza del ddl del governo sulle Comunità Giovanili, sul quale vorrei provare a fare chiarezza.Le Comunità Giovanili non sono altro che centri per l’aggregazione dei giovani. Spazi comunali, caserme in disuso, immobili confiscati alla criminalità organizzata, in cui una libera associazione possa svolgere attività di vario tipo. Dallo studio al teatro, dalla musica ai cineforum, dallo sport al volontariato, e molto altro. Il tutto in un contesto democratico di elettività delle cariche direttive, trasparenza nei conti, legalità, assenza di fini di lucro. Tutto qui. Eppure, in queste ore mi è toccato ascoltare una serie incredibile di falsità da parte di esponenti politici chiaramente in malafede o troppo pigri per leggere il disegno di legge. Particolarmente, brucia l’accusa rivoltami di voler destinare fondi a non si sa bene quale realtà amica. Il ddl non stanzia nuovi fondi al mio ministero: i fondi ci sono già, stanziati anni fa proprio per le Comunità Giovanili. Io avrei potuto utilizzarli senza una legge. Invece ho scelto di vincolarli perché possano dare vita a qualcosa capace di sopravvivere al governo Berlusconi o al ministro Meloni. E ho scelto di confrontarmi col Parlamento affinché questa novità fosse il più possibile condivisa.
Poi si può anche dire, come ha fatto qualcuno con espressioni infelici, che in tempo di crisi questa idea per i giovani sia troppo generosa o statalista. Legittimo. A patto che mi si spieghi quale grande emergenza nazionale si risolverebbe con 12 milioni di euro. A patto che nessuno si azzardi più a parlare di «disagio giovanile», «prevenzione sociale», «emergenza educativa» con grandi promesse in campagna elettorale. Questa legge non risolverà il problema del lavoro che non c’è, degli stipendi precari e da fame o della pensione, ma è la prima legge a loro dedicata da almeno tre legislature. È curioso che i più fervidi oppositori del provvedimento, a parte le abituali volgarità di Idv, siano stati alcuni parlamentari Pdl. Investire pochi milioni di euro per dare a migliaia di giovani un’alternativa alla droga e alla criminalità è così vergognoso? Io penso di no e intendo andare avanti.
Del resto, sono solo una persona coerente che non dimentica da dove viene. Racconto questo sogno delle Comunità Giovanili nelle piazze e nelle assemblee studentesche fin dai tempi del liceo. Continuo a farlo da ministro, con la passione di chi crede in quello che fa. Non c’è solo una bella storia politica a supportarmi in questo impegno o la solidarietà generazionale che mi si è riversata addosso in queste ore. C’è anche una promessa fatta a Scampia, in mezzo a palazzoni scrostati e un’aria pesante come il piombo, di fronte a un nugolo di studenti che meriterebbero la nostra mobilitazione, piuttosto che vedere il Pdl scaricare sui giovani, l’anello debole di questo tempo vigliacco, la propria difficoltà a risolvere i conflitti interni.
*Ministro della Gioventù 
fonte ilgiornale.it

mercoledì 30 giugno 2010

Mangano non è un eroe, è un mafioso come tanti... un vile, senza dignità...

L'eroe è il protagonista di uno straordinario e generoso atto di coraggio, che comporti o possa comportare il consapevole sacrificio di sé stesso, allo scopo di proteggere il bene altrui o comune.

eroe è un uomo o una donna che possiede caratteristiche ed abilità maggiori di qualsiasi altra persona, che lo rende capace di compiere azioni straordinarie a fin di bene, per cui diventa famoso. Queste capacità non sono solo fisiche, ma anche mentali.

Una persona può diventare un eroe anche semplicemente andando incontro ad una fine valorosa che glorifichi la sua esistenza attraverso la sua ultima azione (esempi odierni sono ad esempio il sacrificare la propria vita per salvarne un'altra, compiere un gesto per l'onore della patria che metta in conto in primis di perdere la vita o per proteggere la propria famiglia sempre mettendo in conto il sacrificio della sua vita.
in tutto cioè non rientra l'essere mafioso e omertoso....

MANGANO non è un Eroe!!!

e le semplici e audaci parole di un vero eroe come PAOLO BORSELLINO ci indicano la strada da seguire...

L'equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E no! Questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest'uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c'è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati.

Paolo Borsellino 

lunedì 31 maggio 2010

Gaza, Israele spara alla nave di pacifisti, è scontro a fuoco: almeno 19 le vittime

Tragico attacco della marina israeliana nelle acque di Gaza. Tre unità militari hanno intercettato un'imbarcazione turca della "Freedom Flotilla", la missione internazionale partita ieri da Cipro con a bordo 700 pacifisti e 10.000 tonnellate di aiuti umanitari per i palestinesi di Gaza: si temono oltre una decina di morti e una trentina di feriti


Finisce nel sangue l'assalto israeliano contro una flottiglia di navi appartenenti a organizzazioni non governative in rotta verso Gaza nel tentativo di forzare il blocco imposto da Tel Aviv nella zona. Il bilancio è ancora incerto, ma una tv israeliana ha riferito di 19 attivisti morti e 26 feriti. Feriti anche cinque militari israeliani. Secondo le prime ricostruzioni, le forze armate di Tel Aviv avrebbero cercato di prendere il controllo delle navi, ma l'assalto è finito nel peggiore dei modi. Il comandante della marina militare israeliana, ammiraglio Eliezer Marom, ha affermato che gli scontri mortali si sono verificati solo su una delle sei navi, la Marmara, battente bandiera turca. Su tutte le altre imbarcazioni, ha detto, l'operazione si è svolta senza incontrare resistenza violenta da parte dei passeggeri e perciò senza vittime. Il ministero dei Trasporti turco denuncia però che la flottiglia è stata illegalmente intercettata in acque internazionali, a circa 70 miglia nautiche (130 km) dalla terraferma. Fra gli attivisti a bordo delle navi c'erano anche quattro italiani: la Farnesina afferma che nessuno di loro è stato coinvolto nella sparatoria. Il blitz israeliano ha ovviamente provocato una serie di reazioni e polemiche internazionale: l'Unione europea ha chiesto immediatamente l'apertura di un'inchiesta.

martedì 6 aprile 2010

6 Aprile 2010 ad 1 anno dal tragico terremoto dell'Abruzzo

E' passato 1 anno...Ascolto questa canzone e mi vengono i brividi...penso a quella notte..la scossa..sentita a anche a Roma...,lo spavento e la nn consapevolezza di ciò che accadeva a pochi km da me..la sveglia la mattina è la senzazione strana di sapere cosa fosse successo nella notte...i telegiornali e le prime notizie tragiche..le prime chiamate agli amici Abruzzesi, più stretti...e la senzazione d'impotenza verso madre natura... Poi le settimane seguenti...la voglia di rendersi utili da subito...l'organizzazione per gli aiuti e per i volantari, l'attesa per la chiamata per la partenza...e una piccola sensazione di felicità nel vedere un popolo unito per aiutare i propri fratelli in difficoltà...Poi la partenza...con un gruppo di fratelli..il viaggio....lo scenario surreale...l'arrivo a Navelli e l'incontro con altri fratelli...l'immersione totale in una realtà difficile ma stimolante i lavoro e la fratellanza tra persone appena conosciute...i sorrisi che allietavano la fatica...la gente che ti ringrazia anche per un minino gesto...la Folgore, Gatto, Pino, Antonio, Sergio.. la voglia di nn fermarsi mai e di mettersi a disposizione....la partenza in un giorno di pioggia....e la difficoltà a lasciare tutti e il pensiero di nn aver fatto abbastanza...poi le riflessioni...la gioia, le piccole soddisfazioni.....i nuovi fratelli da portare sempre nel cuore..la continua informazione sulle condizioni di ciò che si era iniziato...e la gioia di vedere che finalmente almeno questa volta le parole si erano trasformate in fatti....


martedì 16 marzo 2010

Orlandina basket, promossa in B ri-comincia la scalata... siamo tornati||||


La forza del gruppo. La società della neo-promossa Orlandina e lo staff tecnico (grandi elogi del presidente Enzo Sindoni all’head-coach Peppe Condello, all’assistente Calogero Paparone e al preparatore atletico Pippo Ferrarotto) hanno espresso parole di ammirazione per tutta la squadra per quello che dato e che ancora darà nel finale di stagione. Giova ricordare che, dal 27 settembre al 3 ottobre scorsi, a Capo d’Orlando sono arrivati alla spicciolata i giocatori dell’appena ripescata in C Orlandina che si sono messi al lavoro senza preparazione e andando incontro a naturali problemi fisici: in tal senso simboleggiante l’Aimaretti zoppicante e che, praticamente, si reggeva su una sola gamba nelle prime giornate. Poi scoppiò il caso del tesseramento bloccato per le prime sei giornate del trio ex-Sarno (Moccia, Di Lauro, Milone) e solamente dall’inizio del girone di ritorno il gruppo ha potuto lavorare insieme quotidianamente o quasi. Malgrado tutto la forza devastante dell’Upea è simboleggiata dai numeri: 21 vittorie su 22 partite, 42 punti su 44 (44 su 46 senza l’esclusione del Comiso), unica sconfitta a Gela, guarda caso senza Ariel Aimaretti, nel girone di ritorno, Mvp del torneo, un invalicabile ombrello sotto le plance sui due lati del campo. “Sono felicissimo- dice il lungo italo-argentino- perché le vittorie non nascono mai da sole o per caso. Non possiamo nascondere che la società ha attrezzato una squadra super per la categoria ma non ci conoscevamo e non abbiamo lavorato insieme in estate. Siamo stati sempre mentalmente a posto, andando avanti incuranti degli infortuni e delle avversità perché è nato un gruppo vero che oggi sprizza gioia per la conquista della B, punto di ripartenza per Capo d’Orlando”. Il play Pablo Albertinazzi è stato l’indiscusso leader. “Mi è stato messo in mano il gioco della squadra- dice l’ex-Catanzaro- e ho fatto il mio compito insieme a questi splendidi compagni. Abbiamo vinto meritatamente ed è una vittoria di tutti, della società che vuole tornare in alto, dello staff tecnico, di noi giocatori, di questa eccezionale tifoseria che domenica sera è tornata numerosa ad incitarci”. Poche parole ma tante triple per Carmine Moccia, gran trascinatore nel match con Rosarno con i suoi 21 punti:”E’ stato emozionante, la vittoria di un campionato è sempre un piacevole momento, a coronamento dei sacrifici di una intera stagione. Adesso non ci fermiamo, vogliamo vincere tutte le altre gare in programma e guardiamo con attenzione alla Coppa Italia di C”. Il dirigente più giovane è anche quello più anziano: Antonio Gori, nell’estate 1996, convinse il suo datore di lavoro Enzo Sindoni ad abbracciare il basket lasciando la vice-presidenza dell’Orlandina calcio in serie D:”Dedico questa promozione a Peppe Condello, autentico uomo-Orlandina, tra i più grandi giocatori della nostra storia, assistente due anni fa di Sacchetti in A, oggi vincitore di un campionato in apertura, ne sono convinto, di una grande carriera di tecnico”. Oggi riprendono gli allenamenti: domenica arriva l’Amatori Messina per il derby e ci sarà un gradito ospite, Gianmarco Pozzecco. Che la festa continui!

mercoledì 10 marzo 2010

Orlandina Basket, pronti a scrivere una nuova pagina della nostra storia...

Il prossimo impegno casalingo vedrà i ragazzi di Peppe Condello impegnati in una gara, contro Rosarno, che potrebbe significare la promozione matematica in serie B dilettanti per l'Orlandina Basket... siamo pronti per esplodere in un grido di gioia...

Domenica cancelleremo un quarto della ferita infertaci, 
Non importa essere in tanti, 
ma credo che sia giusto che tanti, tantissimi, sappiano che 
l'Upea è viva, forte con intatta voglia di vincere.
Perchè l'Upea è passione pura, sentimento vero, energia e voglia di vivere 

mercoledì 3 marzo 2010

SCUSA MA NON TI VOGLIAMO.......alla Sapienza

Giovedì 4 marzo, l’Università la Sapienza di Roma, ha organizzato un incontro con Federico Moccia definendolo il “cantore del mondo adolescenziale” e un punto di riferimento giovanile. A questa “indagine sociologico-culturale” realizzata dai “cultori del mondo accademico” NON CI STIAMO!!!

Crediamo che non rappresenti la vita reale e che appiattisca situazioni e valori, oscillando sull’indecenza artistica.Moccia rappresenta un decadentismo valoriale non proprio della nostra generazione.

Noi non crediamo nella banalizzazione dei sentimenti e nel disimpegno sociale, ma crediamo che tutti i giovani portino con sé la voglia di mettersi in gioco e realizzare se stessi e una migliore società civile.

domenica 28 febbraio 2010

Terremoto in Cile...la terra trema di più?


Haiti, il Giappone qualche giorno fa, ed ora il Cile. La Terra trema di più? Gli scienziati registrano e guardano disarmati la violenza improvvisa della Terra senza la capacità di cogliere qualche segno.Ci sono aree a rischio ben note, punti critici da sorvegliare con maggior attenzione come le coste cilene e la nostra Penisola ma al massimo la scienza esprime delle probabilità che si infrangono sul muro della mancanza di conoscenze. Solo agli inizi del Novecento il berlinese Alfred Lothar Wegener raccontava in un libro la formazione di oceani e continenti e soltanto alla fine degli anni Sessanta (due anni prima la conquista della Luna) il canadese John Tuzo Wilson presentava il primo modello teorico della deriva dei continenti e Dan McKenzie dell'Università di Cambridge spiegava sulla rivista Nature la «tettonica a placche». Da quelle parole di quarant'anni fa si è iniziato a decifrare con maggior coscienza gli scontri perennemente in corso fra le zolle in cui è separata la crosta terrestre cercando indizi sullo scatenarsi dei terremoti. È una titanica fatica perché finora solo la fantascienza di Giulio Verne ha compiuto un viaggio al centro della Terra per scoprirne la natura e cogliere le manifestazioni che l'uomo subisce abitando in superficie.

La sismologia non è una scienza esatta, e la difesa dai terremoti rimane una meta lontana da raggiungere. Da decenni si tentano le vie più diverse al fine di sciogliere gli impenetrabili misteri che sempre avvolgono imovimenti interni del pianeta. In California i geologi dell'US Geological Survey e di numerose università scavano un pozzo fino a dieci chilometri di profondità per raccogliere indizi sugli spostamenti della faglia di San Andreas e scoprire in anticipo il manifestarsi del Big One, il super-terremoto da tempo atteso.

I fisici russi sostenevano di riuscire a raccogliere dallo spazio la presenza di particelle atomiche capaci di segnalare l'imminenza di un sisma. Ma finora la tecnologia non ha fornito risposte attendibili sia a terra (ricordate le emissioni del gas radon?) che nello spazio. Rimane alla base un grave limite di conoscenza scientifica. Da anni negli Stati Uniti e in Giappone si cerca di disegnare un modello teorico globale della Terra capace di mostrare ciò che accade nelle viscere, nel suo cuore incandescente e soprattutto negli strati esterni, nella frizione continua tra il mantello e la crosta sulla quale viviamo. Ma, ancora una volta, pur disponendo di potenti supercomputer la capacità di calcolo è inadeguata per descrivere le mille forze in gioco. Sono i limiti dell'uomo che solo la ricerca può aiutare ad estendere.

fonte: Corriere.it

mercoledì 24 febbraio 2010

L'italia del televoto, fenomeno Mauro Marin.

- Ma l’Arcigay s’infuria
con i fan

- Nella casa tutti contro il castellano, l’Italia
lo ama e lo salva

CASTELFRANCO (Treviso) — Delirio. Sul web, i fan di Mauro Marin stanno per infrangere la barriera dei 260 mila iscritti. Nell’osteria «da Profeta », quella di famiglia a Castelfranco Veneto, hanno deciso di staccare il telefono. Troppa gente, troppe telefonate per andare avanti a lavorare. I genitori, ogni tanto si preoccupano. «Lo trattano troppo male dentro quella casa». Ma è definitivamente «Mauro-mania ». Il fratello Giulio si è fatto la sua idea. «Piace perché è naturale». E così, dopo la doppia vittoria di lunedì, si riparte col televoto. L’obiettivo dichiarato è di abbattere Maicol. E c’è pure chi esagera con le offese. Ieri è intervenuta anche l’Arcigay, che ha evidenziato come ci siano dei messaggi omofobici contro il concorrente gay del Grande Fratello 10. Ormai è impossibile avere dubbi. Mauro Marin è un caso mediatico.

E il termometro per misurare la febbre è necessariamente il social network per antonomasia, Facebook. È una rincorsa folle, minuto dopo minuto, a idolatrare il salumiere castellano che partecipa al reality della Finivest. Nelle gesta epiche collettive, si segnalano l’invio di due aerei con striscione sopra la casa (uno dei quali non visto da Mauro, con relative polemiche) e le raccolte di fondi tra t-shirt e oggettistica varia. Obiettivo: investire i soldi in regali e sms a favore dell’idolo. I numeri sono cinici. Ieri a metà pomeriggio nel fan club di Maicol erano iscritti 37.300 persone, contro gli 8.230 di Alberto, i 5.480 di Giorgio e i 660 di Mara. Inezie rispetto alla mareggiata per il castellano. Nel mezzo delle ragazzine che urlano di aver speso 25 euro di ricarica in messaggi al 48422, nel gruppo è nata pure una polemica. In molti si sono spesi in offese verso Maicol, colpevole, oltre di essere rivale di Marin, anche di omosessualità. Tanto che l’amministratore è intervenuto, richiamando all’ordine. L’Arcigay ha colto la palla al balzo per diffondere una nota, ripresa poi da diversi siti web. «Quando ci troveremo di fronte a contenuti violenti nei confronti del mondo dell’omosessualità, chiederemo la chiusura del canale».

Cosa che gli stessi amministratori del gruppo dei fan di Fecebook hanno realizzato nella serata di ieri, bloccando la bacheca dei commenti pubblici. A Castelfranco, lontano mille miglia da tutto questo, ci sono i famigliari di Mauro. La nonna Elsa, ad esempio. «Cossà vegnarà fora da ’sto Mauro?», chiedeva ieri. Ma ci sono anche le mamme dei coetanei, che chiamano quella di Mauro. «Signora, le stiamo vicine. Non si preoccupi, stiamo male anche noi quando offendono suo figlio ». Il papà Danilo, che gli ha mandato un messaggio in trasmissione, dicendosi «orgoglioso». E poi ci sono gli amici, che bevono «ombre» e mangiano panini come una sorta di rito collettivo. Lunedì sera ce n’erano un centinaio da «Profeta»: da Godego ce n’è stato uno che ha portato un asciugamano con il suo faccione stampato. A far sintesi, ecco infine Giulio, il fratello che fatica a portare avanti il lavoro nel ginepraio creatosi. Non lo dice, ma la speranza è che, dopo tutto questo caos, qualcosa si monetizzi. La ricetta per vincere è quella lì, sempre identica. «Mauro non ha mai voluto esser qualcosa di diverso di quello che è», dice. «Non si è mai costruito maschere. È uno di noi, è diretto nelle cose. E per questo piace. E perciò gli altri dentro la casa lo odiano». Semplice, no? Avanti così, dritti. Solo così, attorno, sarà delirio.

fonte: Corriere.it

martedì 16 febbraio 2010

La burocrazia...all'Italiana... 1ª Parte

Ho visto il nemico in faccia: fa paura
Maurizio Blondet
da una puntata di  «Report» sulla burocrazia «in cui si perde chi vuole costruire o ristrutturare secondo le regole».
Primo caso: uno studio di geometra nel bolognese. Un cliente vuole chiudere una porta interna al suo appartamento, in modo da ricavarne due. Non c’è nulla di più da fare salvo fare un muro là dov’è la porta; l’appartamento ha già due entrate indipendenti. Per fare una modifica interna come questa, lo studio del geometra deve consultare: il testo unico nazionale sull’edilizia, il testo unico «regionale» sull’edilizia; e inoltre il regolamento comunale del comune interessato. Tre tomi alti così.
Ora, una minima logica vorrebbe che, se esiste un testo legislativo nazionale, quello regionale è di troppo; oppure, magari, che basterebbe consultare il regolamento comunale, dato che dovrebbe in qualche modo aver «recepito» (come si dice in burocratese) i due testi delle istanze superiori.
Invece no: tutti e tre i testi normativi hanno la stessa voce in capitolo. Non ce n’è uno che faccia più autorità degli altri due, sicchè occorre obbedire a tutti e tre contemporaneamente.
Il fatto è che i tre testi, che s’incastrano ed intrecciano, si ignorano a vicenda e si contraddicono l’un l’altro. Tanto che spesso il geometra deve chiedere «chiarimenti» su come interpretare le norme. A chi? Al Comune (perchè no anche a Regione e Stato?). Con apposita supplica in carta da bollo, si deve chiedere un appuntamento al competente ufficio municipale per porre «un quesito».
Un quesito per volta. Il geometra può avere tre o più quesiti da porre, per essere sicuro di non infrangere le nostre draconiane normative plurime: in tal caso deve chiedere tre appuntamenti distinti. Per lo stesso appartamento, per la stessa modifica dello stesso appartamento.
«Sennò si formerebbero code negli uffici», si giustifica un tizio del comune. E naturalmente, ogni volta l’addetto comunale che si degna di farsi sottoporre il nuovo quesito non è lo stesso che ha ascoltato il quesito precedente: sicchè bisogna raccontare e spiegare tutto daccapo, e spesso il secondo addetto trova «irregolarità» in ciò che ha fatto il primo addetto, e si deve ricominciare da capo. Sempre, ad ogni passaggio, con carta bollata da 16 euro.
Mettiamo che le autorità comunali finiscano per accettare la «regolarità» dell’opera : ricordiamo, si tratta di chiudere una porta all’interno del mio e del vostro appartamento. Un vano di due metri per uno e mezzo da chiudere con un muretto.
Ma prima di mettere un mattone sull’altro, il proprietario deve presentare al Comune delle «certificazioni». Cioè, se ho ben capito, deve comprovare al Comune, con perizie e documenti, che la costruzione del muretto dentro la sua casa non comporti l’attuazione di altre «irregolarità», che sia tutto «a norma». Quante sono le certificazioni? Una trentina. Quasi tutte insensate.
Per esempio: per chiudere una porta interna con un muretto, il proprietario deve certificare l’impianto elettrico della casa, che quasi certamente era già a norma prima: dunque deve ricertificarlo di nuovo. Deve certificare che quel suo odioso muretto non minaccia lo «smaltimento degli aeriformi» nè è causa di «emissioni dannose», non riduce «l’approvvigionamento idrico» nè «lo smaltimento delle acque reflue».
Che un muretto a chiusura di una porta possa minacciare lo smaltimento regolare delle acque reflue è ovviamente escluso per natura; ma le pubbliche autorità approfittano che voi avete chiesto quella piccola modifica per ripassarvi al setaccio tutto l’appartamento, per ficcare il naso nei fatti vostri, onde vedere se possono in qualche modo punirvi e multarvi per qualche dimenticanza o «irregolarità». O almeno ostacolarvi in quella vostra arrogante pretesa di fare, in casa vostra, quel che vi pare.
Infatti, vi chiedono anche di certificare – cito a memoria – che chiudere quella porta non influisce sul «contenimento dei consumi energetici». Che non turba il «rispetto dei campi elettromagnetici». Dovete fornire, inoltre, la certificazione antisismica, anche se volete costruire il muretto in cartongesso. Soprattutto, dovete certificare che il vostro muretto (interno) è «in conformità con gli aspetti urbanistici».
Aspetti urbanistici, capite!? A parte che se siete italiano vivete sicuramente in un abitato dove gli «aspetti urbanistici» semplicemente non esistono, essendo da gran tempo violentati da immani palazzoni abusivi che hanno ottenuto «la deroga» o il condono... come far capire che la modifica di una parete interna non ha nulla a che fare con l’urbanistica, e ciò per definizione, essendo «interna»?
Ma lo capiscono, certo che lo capiscono: solo che lorsignori vi vogliono dimostrare chi è che comanda. In un’Italia dove è normale l’abusivismo, voi che fate l’errore di chiedere alle «autorità competenti» cosa dovete fare per essere «in regola», siete la loro vittima preferita. Avete poggiato volontariamente la testa sul loro ceppo.
M’immagino come vengano stilati i regolamenti comunali, in aggiunta alla legge nazionale e a quella regionale: è una giornata di festa negli uffici, persino gli assenteisti più incalliti tornano dalla finte ferie per malattia per partecipare al divertimento. Tutti s’ingegnano di inventare nuovi lacci e lacciuoli, fanno a gara per escogitare le più inaudite normative da imporvi: «Chiediamogli di dimostrarci che non viola le leggi antisismiche», grida uno. «E becchiamolo sulle acque reflue!», si spancia un altro. «L’urbanistica!», evoca un terzo. «I campi elettromagnetici! Prendiamolo in castagna coi campi elettromagnetici!», strilla gaudente un altro. «Ma è legale...?», chiede un quarto, dubbioso sull’esistenza dei campi elettromagnetici in un appartamento; segue una frenetica consultazione di piani nazionali e regionali: «Sì, si può!», strillano tutti, e giù risate.
Anzi: vi aggiungono l’obbligo di accertare che i muratori che vi tirano su il muretto ricevono i
contributi previdenziali. E vi impongono pure di presentare un «piano di sicurezza» anti-infortuni...
Perche questo è il punto. Loro possono escogitare tutti gli «adempimenti obbligatori» che vogliono, anche trenta o quaranta per un muretto, perchè – tanto – il loro lavoro non aumenta. Siete voi che dovete certificare, non loro. Siete voi che dovete sapere se l’azienda costruttrice paga i contributi ai suoi operai, non la pubblica autorità. Siete voi che vi dovete occupare degli infortuni potenziali del muratore, non lorsignori.
Il «servizio pubblico» esiste per questo: per mettere voi al suo servizio, per evitare a loro la minima fatica. E per dimostrare il suo potere su di voi.
«Report» ha intervistato un tecnico comunale di Grunwald, sobborgo di Monaco. Domanda: che permessi ci vogliono, in Germania, per chiudere una porta? Il tecnico cade dalle nuvole: «Non c’è bisogno di nessuna autorizzazione per un muro interno». Anche se col muretto un cittadino trasforma il suo appartamento in due appartamenti? «Non ci interessa se da un appartamento ne ricava due. Quel che ci interessa è che ci sia il posto auto per il secondo».
Ah, il posto auto: ecco cosa interessa ai Comuni tedeschi. Ai nostri, interessano i campi elettromagnetici.
Domanda insistente: «Ma nel caso che uno voglia farsi un secondo bagno...?». Il tedesco: «Quanti muri o bagni ci sono in un interno, non è cosa che riguarda il Comune. Riguarda la sfera privata».
La sfera privata, ragazzi: in Europa, la burocrazia rispetta una «sfera privata». Risulta che in Germania, il Comune si occupa solo dei «muri esterni, del tetto e dell’altezza dell’edificio», quel che riguarda la sfera pubblica, i famosi «aspetti urbanistici». Le regole sono poche e chiare: non c’è un piano nazionale, uno regionale, e un regolamento comunale di mille pagine ciascuno. Ci sono tre foglietti con 15 punti, che il cittadino costruttore deve rispettare: essenzialmente altezze, aspetto dei muri esterni e del tetto, punto e basta. Definiti dal piano regolatore comunale.
«Se si attiene a questi dati senza variazioni, per costruire gli basta dare una comunicazione di inizio lavori» (1). Non ha bisogno di alcuna licenza nè permesso. Anzi: ricevuta la comunicazione di inizio lavori, «ci pensa il Comune ad informare le autorità di controllo, il catasto, ed altri enti in caso di edifici vincolati».
A Grunwald, il Comune avvisa il catasto! Non il cittadino, ma il Comune! Il municipio e il catasto – due uffici pubblici – comunicano tra loro! C’è gente che esce dall’ufficio non per fare shopping, ma per «controllare» che l’edificio sia in regola! Non si fa mandare faldoni di certificazioni sulla scrivania, con tanto di bollo. Insomma, i dipendenti pubblici... lavorano, in quanto stipendiati per lavorare al posto del cittadino! Non ci si può credere.
E chi ha visto Monaco di Baviera, ha visto che città è, quanti edifici abusivi esistono. In Italia, per alzare quel muretto da meno di 1.000 euro, uno già ne deve spendere oltre 5 mila in «certificazioni», licenze e carte bollate; a Monaco, niente è dovuto al Comune. E si apprende che a Bologna, la civile Bologna, se uno si vuol mettere in giardino un casotto per gli attrezzi, di quelli che si possono comprare già fatti negli ipermercati per 1.500 euro, deve chiedere «la licenza edilizia». Non vi dico Afragola, dove vige – come afferma un competente comunale – «la cultura dell’abusivismo».

lunedì 15 febbraio 2010

Ancora una frana nel Messinese

La massa di terreno che va scendendo a valle ha trascinato via alcuni pali della luce, gli abitanti si stanno trasferendo da amici e parenti in altri paesi vicini.
SAN FRATELLO (MESSINA) - San Fratello è ormai un paese fantasma: anche gli abitanti che non sono stati fatti allontanare dalle loro case hanno deciso di lasciare il centro che sorge su una collina che sta franando e sono diretti nei comuni vicini da familiari o amici. Il fronte della frana preoccupa la Protezione civile dopo le 48 di piogge continue. Decine di case si vanno riempiendo di crepe e una larga spaccatura è comparsa anche nella chiesa di san Nicolò. I fedeli hanno portato in piazza la statua del santo e il crocifisso per evitare che vengano distrutti da eventuali crolli e in segno di devozione. In Comune c'è un vertice della Protezione civile. Il rappresentante provinciale Bruno Manfrè ha detto che «la frana è in pieno movimento». La massa di terreno che va scendendo a valle ha trascinato via alcuni pali della luce. Zone del centro sono rimaste al buio.

1500 SGOMBRATI - Il piano degli sgomberi è partito fin dalla mattina di domenica, quando i tecnici del Comune hanno capito che la situazione era grave. Oltre 1500 persone hanno dovuto lasciare la propria abitazione anche per l'ordinanza del sindaco Salvatore Sidoti Pinto che dice: «La situazione è drammatica». «Stiamo vedendo il paese sparire - aggiunge il sindaco - la frana ha coinvolto tutto il versante nord-est di San Fratello, coinvolgendo la parte relativamente più nuova, comprese le scuole elementari e medie. Stiamo qui che guardiamo quello che accade senza potere intervenire per fare qualcosa». Anche chi non ha avuto l'ordine di lasciare la propria abitazione, ha preferito fare i bagagli e rifugiarsi da amici e parenti nei centri vicini. Il ricordo della disastrosa frana che ad ottobre si è abbattuta su Messina facendo 37 morti è ancora vivo. La collina viene giù poco a poco a valle e alle abitazioni viene a mancare il sostengo del terreno. Il fronte della frana è raddoppiato in poche ore raggiungendo i due chilometri. «La situazione è molto allarmante», spiega il responsabile della Protezione Civile provinciale Bruno Manfrè che coordina le operazioni di soccorso. In Municipio è stato organizzato un centro di pronto intervento. Il sindaco ha chiamato a raccolta le associazioni di volontariato e fatto arrivare in paese diverse ambulanze. I sindaci dei comuni dei Nebrodi in un telegramma inviato, tra gli altri, alla presidenze del Consiglio dei ministri e della Regione Siciliana, scrivono che «l'emergenza idrogeologica nel territorio dei Nebrodi in Provincia di Messina continua ad aggravarsi» e «l'incolumità dei cittadini è gravemente minacciata».

mercoledì 10 febbraio 2010

Foibe. AU: Collettivi sinistra oltraggiano memoria martiri

10 febbraio 2010

"Mentre in tutta Italia si stanno svolgendo celebrazioni solenni per il Giorno del Ricordo, i collettivi universitari di estrema sinistra hanno preferito arrecare l'ennesimo oltraggio alla memoria degli italiani infoibati e degli esuli giuliano-dalmati tentando, al grido 'Fascisti carogne, tornate nelle fogne' e 'Viva le Foibe', di strappare via il fiocco tricolore che Azione Universitaria Roma ha calato stamattina dal tetto del Rettorato dell'Universita' La Sapienza per commemorare il 10 febbraio". Lo dicono, in una nota, il presidente provinciale di Azione Universitaria Roma, Matteo Petrella, il presidente di Azione Universitaria Sapienza, Cristian Alicata, e i dirigenti provinciali, Alessandra Pontecorvo e Liano Magro. "In un giorno in cui solo il silenzio dovrebbe regnare- continuano i responsabili di Azione Universitaria- la sinistra antagonista preferisce compiere un atto deprecabile ed ingiustificabile, che non solo stride con il clima di pacificazione nazionale faticosamente raggiunto intorno alla vicenda delle foibe negli ultimi anni, ma addirittura viola una legge nazionale, tentando di sostituire alla dialettica democratica lo scontro e la violenza politica". "Un gesto che- concludono- assume particolare gravita' ad un solo giorno dalle commemorazioni ufficiali di Paolo Di Nella, colpito brutalmente a soli vent'anni e scomparso dopo sei giorni di agonia".


martedì 19 gennaio 2010

Jan Palach – Un esempio per la nostra generazione

A Praga il clima politico del gennaio 1969 era agitato dal tentativo di Husàk di allontanare Smkorsky (presidente del parlamento che godeva di molto credito tra i Cechi ed era, oltretutto, il principale alleato di Dubcek) dai vertici dello stato. Il pretesto usato da Husak fu quello dell’equa divisione delle cariche tra le due nazioni che componevano il paese. Smorsky accettò suo malgrado di lasciare la carica, ma i sostenitori della primavera di Praga si sentirono umiliati e traditi.In questa atmosfera di disillusione Jan Palach, studente alla Facoltà di Filosofia, si diede fuoco in Piazza San Venceslao nel primo pomeriggio del 16 gennaio 1969 in segno di protesta contro l’occupazione sovietica dell’agosto precedente. Morì giorni dopo in seguito alle ustioni riportate. Non aveva ancora compiuto 21 anni.
Egli aveva voluto protestare contro la soppressione delle libertà fondamentali nel suo Paese. Palach lasciò infatti una dichiarazione in cui spiegava che il suo suicidio era una protesta contro l’occupazione sovietica e soprattutto contro la censura, reintrodotta dopo l’effimera “primavera di Praga”.
Con il suo gesto sperava di squarciare la passività e la rassegnazione dei suoi concittadini dopo la “normalizzazione”, di lanciare un messaggio di supremo rifiuto che doveva toccare il cuore del suo popolo. Consapevoli del valore politico-simbolico di questa morte le autorità misero in piedi una campagna di disinformazione, che però non diede i risultati previsti. A nulla valsero infatti i tentativi di far passare Palach per uno psicopatico.
Scrisse Dubcek: “I funerali si trasformarono in una dimostrazione imponente a difesa della nostra politica riformatrice e di protesta contro l’occupazione sovietica”.Il 25 gennaio 1969 alle esequie un cielo plumbeo scaricò acqua e neve sulle seicentomila persone accorse da ogni parte del paese.
Il decano dell’università diede l’ultimo saluto alla salma dicendo “La Cecoslovacchia sarà un paese democratico solo quando il sacrificio non sarà più necessario”.
Per un giorno Praga fu in mano agli studenti. Nei mesi successivi il gesto di Palach fu imitato, fino alle estreme conseguenze, da un’altro studente, Jan Zajic (amico di Palach), il 25 febbraio, e da un operaio, Plocek, in aprile.
Palach però preferì non bruciare i suoi appunti e i suoi articoli (che rappresentavano i suoi pensieri politici), che tenne in uno zaino molto distante dalle fiamme. Tra le dichiarazioni trovate nei suoi quaderni, spicca questa:
“Poiché i nostri popoli sono sull’orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l’onore di estrarre il numero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana. Noi esigiamo l’abolizione della censura e la proibizione di Zpravy (il giornale delle forze d’occupazione sovietiche). Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s’infiammerà”.
Jan Palach avrebbe potuto essere un cantante, un atleta o forse un uomo politico. Se solo i tank sovietici non lo avessero privato della sua “primavera” e della speranza in un futuro migliore