Il mondo della scuola è in fibrillazione. Anche ieri manifestazioni si sono svolte un po' in tutta Italia (a Roma un corteo ha percorso le strade del quartiere Centocelle), ma c'è una protesta che non finisce sulle pagine dei giornali.Che non vale un servizio nel Tg della sera. La raccontano a Il Tempo i ragazzi di Azione Univeritaria e Azione Studentesca. Le organizzazioni giovanili di Alleanza Nazionale.Anche loro, infatti, stanno protestando. E non da oggi. «Da anni - spiega Matteo Petrella dirigente nazionale di Azione Universitaria - ci battiamo contro gli sprechi dell'Università, che sono tantissimi. Contro le caste e le baronie. Ma siamo sempre stati da soli». Il perché è presto detto: difficile schierarsi contro i professori con cui, dopo, bisogna fare esami e tesi.
Se poi si è ragazzi di destra, «fascisti», la cosa è ancora più difficile. «Faccio Scienze Politiche alla Sapienza - racconta Cristian Alicata dirigente provinciale di Au e in corsa per un posto in Consiglio di amministrazione alle elezioni del 12 e 13 novembre - ma non posso partecipare alle assemblee degli studenti. Inoltre, subisco continuamente provocazioni».
Insomma, la vita non è facile. Ciò nonostante da una settimana anche loro stanno cercando di farsi sentire. Soprattutto stanno cercando di informare i loro colleghi su pregi e difetti di quella legge 133 che, spiegano, «non è una riforma dell'università». «Si tratta di una legge Finanziaria - dice Petrella - che contiene cose condividisibili come l'ingresso delle Fondazioni nelle università. Un ingresso che potrebbe portare risorse aggiuntive senza toccare la natura pubblica degli atenei. Ma non è la riforma organica di cui l'università avrebbe bisogno. Perché non parliamo ad esempio del sistema di reclutamento degli insegnati?»
E poi ci sono i tagli. «Con Mussi - rilancia Alicata - scendemmo in piazza perché si tagliava orizzontalmente il Fondo di finanziamento ordinario. Stavolta, invece, i tagli riguardano i professori. Toccano la casta. Certo, ci piacerebbe avere la certezza che le risorse liberate vengano destinate agli studenti».
Si torna così al punto dolente: i professori. Secondo i ragazzi di Au sono loro i veri «registi» della protesta. «Se un professore ti dice vieni a fare lezione in piazza che fai? Non ci vai?» domandano retoricamente. «Sono loro che permettono il blocco della didattica e le occupazioni. Vogliono difendere lo status quo e gli studenti gli stanno dando una mano. Senza contare che, come accadde nel 2005, i collettivi di sinistra si affidano a questa mobilitazione per cercare di raccattare voti in vista delle elezioni. È la loro unica forza».
Anche nei licei la musica non cambia. «Se un dirigente scolastico vuole proibire un'occupazione può farlo - racconta Andrea Moi studente del III Istituto d'Arte e presidente della consulta degli studenti di Roma -. Al Newton, ad esempio, il professor Mario Rusconi, presidente dell'Associazione presidi di Roma, ha proibito l'occupazione. E si fa lezione regolarmente».
Insomma, per i ragazzi di Au, molto di quello che sta succedendo è frutto delle strumentalizzazioni dei docenti. Per questo, anche se sanno di non avere la stessa forza, la prossima settimana organizzeranno manifestrazioni goliardiche negli atenei e martedì incontreranno al teatro Capranica i capigruppo del Pdl di Camera e Senato Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri (con gli altri movimenti giovanili di centrodestra ndr). Inoltre stanno pensando ad una grande assemblea pubblica in Sapienza, magari con il ministro Mariastella Gelmini. «Vorremmo invitarla - dicono - ma non crediamo verrà».
Nicola Imberti
da IlTempo.it
Insomma, la vita non è facile. Ciò nonostante da una settimana anche loro stanno cercando di farsi sentire. Soprattutto stanno cercando di informare i loro colleghi su pregi e difetti di quella legge 133 che, spiegano, «non è una riforma dell'università». «Si tratta di una legge Finanziaria - dice Petrella - che contiene cose condividisibili come l'ingresso delle Fondazioni nelle università. Un ingresso che potrebbe portare risorse aggiuntive senza toccare la natura pubblica degli atenei. Ma non è la riforma organica di cui l'università avrebbe bisogno. Perché non parliamo ad esempio del sistema di reclutamento degli insegnati?»
E poi ci sono i tagli. «Con Mussi - rilancia Alicata - scendemmo in piazza perché si tagliava orizzontalmente il Fondo di finanziamento ordinario. Stavolta, invece, i tagli riguardano i professori. Toccano la casta. Certo, ci piacerebbe avere la certezza che le risorse liberate vengano destinate agli studenti».
Si torna così al punto dolente: i professori. Secondo i ragazzi di Au sono loro i veri «registi» della protesta. «Se un professore ti dice vieni a fare lezione in piazza che fai? Non ci vai?» domandano retoricamente. «Sono loro che permettono il blocco della didattica e le occupazioni. Vogliono difendere lo status quo e gli studenti gli stanno dando una mano. Senza contare che, come accadde nel 2005, i collettivi di sinistra si affidano a questa mobilitazione per cercare di raccattare voti in vista delle elezioni. È la loro unica forza».
Anche nei licei la musica non cambia. «Se un dirigente scolastico vuole proibire un'occupazione può farlo - racconta Andrea Moi studente del III Istituto d'Arte e presidente della consulta degli studenti di Roma -. Al Newton, ad esempio, il professor Mario Rusconi, presidente dell'Associazione presidi di Roma, ha proibito l'occupazione. E si fa lezione regolarmente».
Insomma, per i ragazzi di Au, molto di quello che sta succedendo è frutto delle strumentalizzazioni dei docenti. Per questo, anche se sanno di non avere la stessa forza, la prossima settimana organizzeranno manifestrazioni goliardiche negli atenei e martedì incontreranno al teatro Capranica i capigruppo del Pdl di Camera e Senato Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri (con gli altri movimenti giovanili di centrodestra ndr). Inoltre stanno pensando ad una grande assemblea pubblica in Sapienza, magari con il ministro Mariastella Gelmini. «Vorremmo invitarla - dicono - ma non crediamo verrà».
Nicola Imberti
da IlTempo.it