L’Italia senza la Sicilia non lascia immagine nello spirito: soltanto qui è la chiave di tutto. (Goethe)

venerdì 25 luglio 2008

Libertà per gli assassini

salvatore-borsellino-web3.gif

Pochi minuti fa mi è arrivata la notizia della scarcerazione di Contrada, sotto la forma di arresti domiciliari per motivi di salute.

di Salvatore Borsellino - 24 luglio 2008

tratto da: antimafia2000

Non posso accettarla, il mio animo si rivolta, il constatare che agli assassini di mio fratello non è bastato ucciderlo ma che stanno anche completando l'opera mi ripugna, mi sconvolge.
Ho voglia di farmi giustizia con le mie mani dato che la Giustizia in questo nostro sciagurato paese non esiste più.
Paolo considerava Contrada un assassino e lo stesso lo considero io e per gli assassini non ci può essere ne perdono ne pietà.
Non è una mia idea, Paolo disse più di una volta ai suoi familiari parlando di Contrada "solo a fare il nome di quell'uomo si può morire".
Contrada era in carcere, il solo finora a pagare per quei pezzi deviati dello Stato che con la criminalità mafiosa hanno trattato e per portare avanti questa trattativa hanno fatto uccidere Paolo Borsellino e con lui tutta la sua scorta, ragazzi mandati a morire senza nessuna difesa ne possibilità di salvezza da chi sapeva che il carico di tritolo, anzi di Semtex, l'esplosivo usato per le stragi di Stato, era già stato depositato in Via D'Amelio.
Contrada era un simbolo, il simbolo di una Giustizia che qualche volta, solo qualche volta, riesce ad inchiodare i colpevoli.
Adesso quelli che lui ha servito e che sono rimasti fuori dalla galera, che non sono mai stati finora indagati perchè i pochi giudici che hanno tentato di farlo sono stati subito ridotti al silenzio, come ha detto l'altro giorno il giudice Scarpinato al Palazzo Steri di Palermo, sono riusciti a tirarlo fuori come gli avevano promesso per evitare che potesse parlare e trascinare in galera anche loro.
Avrei potuto accettare che finisse i suoi miseri giorni a casa sua, se anche gli altri avessero pagato, se fossero partite quelle indagini che non andranno mai avanti sui mandanti occulti della strage, su quelli che non si possono chiamare "mandanti esterni" perchè sono "interni" allo Stato ed alla stessa magistratura.
Ma, come disse Sciascia, "lo stato non può processare se stesso" e quello che c'era scritto sull'Agenda Rossa di Paolo consente di tenere in piedi una rete di ricatti che consente di mettere tutte le pedine al posto giusto, di manovrare i pezzi necessari, ed arrivare alla fine della partita.
Se venissero portate avanti le indagini sulle telefonate partite dal centro del Sisde sul Castello Utveggio, Contrada ed tanti altri insieme a lui potrebbero andare in carcere non per concorso esterno in associazione mafiosa ma per concorso in strage e forse sarebbe allora più difficile tirarli fuori dal carcere, sarebbe più difficile concedere anche a loro l'immunità come per le alte cariche dello Stato, se ne potrebbe salvare uno ma non tutti.
Ho eliminato dal mio vocabolario due parole, la speranza ma anche la disillusione, lo scoraggiamento.
Ce ne sono rimaste solo due la parola rabbia e la parola lotta e a gridare la mia rabbia e a lottare continuerò finche avrò voce, finchè avrò vita.

sabato 19 luglio 2008

In ricordo di Paolo Borsellino

Per non dimenticare....
19 luglio 1992 - 19 luglio 2008
A 16 anni dalla strage di via D'Amelio

"La lotta alla mafia dev'essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità. "
(Paolo Borsellino)



"E' normale che esista la paura, in ogni uomo, l'importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti."
(Paolo Borsellino)


Grazie Paolo
per averci insegnato cosi vuol dire
difendere e amare la propria terra,
cosa vuol dire lottare per i propri ideali di giustizia
e difenderli fino in fondo,
cosa vuole dire sacrificarsi giorno per giorno
per creare un mondo migliore.
Il tuo esempio e quello degli angeli che sono
morti con te, è uno stimolo
a fare sempre del proprio meglio e a
non cedere ai ricatti che questa società
malata e corrotta ci impone.
Onore te, che anche da lassù, continui ad essere esempio
di legalità per tutto il popolo siciliano e per tutta l'Italia

mercoledì 16 luglio 2008

RONALDINHO AL MILAN!!!

"IL SOGNO SI AVVERA"
RONALDINHO - KAKA' - PATO
che spettacolo.......

COMUNICATO UFFICIALE
15/07/2008

L'AC Milan e l'FC Barcelona hanno raggiunto un principio di accordo per il trasferimento di Ronaldinho alla Società rossonera. Il calciatore sarà domani a Milano per sottoporsi alle visite mediche e per firmare il contratto che lo legherà al Milan fino al 30 Giugno 2011.


venerdì 11 luglio 2008

Per non dimenticare....Gabriele Sandri

11 novembre 2007 - 11 luglio 2008
8 mesi di silenzio, senza Giustizia

Gabriele Sandri, la mattina dell’11 Novembre 2007, dopo aver suonato al Piper Club di Roma, si metteva in viaggio per seguire la “sua” Lazio a Milano, a bordo di una autovettura guidata da un amico.
Questo viaggio però veniva interrotto in un autogrill nei pressi di Arezzo dal gesto folle di un agente della Polstrada, che esplodeva un colpo di pistola dalla parte opposta della carreggiata, colpendo la macchina dove era a bordo Gabriele.
Il proiettile, purtroppo raggiungeva Gabriele al collo togliendogli la vita alle ore 9.18 !
Nell’immediatezza dell’evento gli organi istituzionali non hanno voluto assumersi le proprie responsabilità, comportamento culminato nella conferenza stampa del Questore di Arezzo che ha vietato ai giornalisti presenti di fare domande sull’accaduto.
Intanto, la notizia della morte di Gabriele si diffondeva rapidamente in tutta Italia suscitando le reazioni dei tifosi di calcio, i quali auspicavano che il Campionato Nazionale venisse interrotto per rispetto del giovane ragazzo ucciso.
Gli organi d’informazione, da parte loro, rivolgevano prevalentemente la propria attenzione sugli episodi di violenza scaturiti a Roma e Bergamo dopo l’omicidio,facendo passare in secondo piano l’uccisione assurda e gravissima di Gabriele.
Attualmente "tutti" si trovano al proprio posto: il Questore di Arezzo, che ha sostenuto la tesi dei colpi sparati in aria, l’assassino di Gabriele per il quale non sono state ravvisate esigenze cautelari.
Gabbo ci ha lasciato per volare in paradiso!




L’omicidio di Gabriele è stato commesso dall’agente della Polstrada di Arezzo Luigi Spaccarotella.
Quest’ultimo è attualmente indagato dalla Procura di Arezzo per il reato di Omicidio volontario.
Il Pubblico Ministero che dirige le indagini, dott.Ledda, ha disposto una serie di accertamenti tecnici volti a stabilire la dinamica del colpo esploso dall’agente.
Il termine ultimo che il PM ha stabilito per il deposito delle perizie andrà a scadere a fine Febbraio 2008.
Luigi Spaccarotella, indagato per un reato per il quale la legge prevede 21 anni di reclusione, ad ora si trova a piede libero.

martedì 8 luglio 2008

Intervista al Presidente Francesco Cossiga

«La strage di Bologna, fu un incidente
della resistenza palestinese»
Cossiga compie 80 anni:
Moro? Sapevo di averlo condannato a morte

Presidente Cossiga, auguri per i suoi ottant'anni. Lei è sempre malatissimo, e tende sempre a relativizzare il suo cursus honorum "Viminale, Palazzo Madama, Palazzo Chigi, Quirinale" . Eppure la vita le ha dato longevità e potere. Come se lo spiega?
«Ma io sono ammalatissimo sul serio! Nove operazioni, di cui cinque gravi, una della durata di sette ore, seguita da tre giorni di terapia intensiva. Ma resisto. Come si dice in sardo: "Pelle mala no moridi"; i cattivi non muoiono. E io buono non sono. Io relativizzo tutto quello che non attiene all'eterno. E poi, come spiego in un libro che uscirà a ottobre, "A carte scoperte", scritto con Renato Farina, tutte le cariche le ho ricoperte perché in quel momento e per quel posto non c'era nessun altro disponibile. Io uomo di potere? Sempre a ottobre uscirà un altro libro — "Damnatio memoriae in vita" — con tutti gli articoli, lettere e pseudo saggi di insulti e peggio pubblicati durante il mio settennato contro di me da Repubblica ed Espresso ».

A trent'anni dalla morte di Moro, il consulente che le inviò il Dipartimento di Stato, Steve Pieczenick, ha detto: «Con Cossiga e Andreotti decidemmo di lasciarlo morire». Quell'uomo mente? Ricorda male? Ci fu un fraintendimento tra voi? O a un certo punto eravate rassegnati a non salvare Moro?
«Quando, con il Pci di Berlinguer, ho optato per la linea della fermezza, ero certo e consapevole che, salvo un miracolo, avevamo condannato Moro a morte. Altri si sono scoperti trattativisti in seguito; la famiglia Moro, poi, se l'è presa solo con me, mai con i comunisti. Il punto è che, a differenza di molti cattolici sociali, convinti che lo Stato sia una sovrastruttura della società civile, io ero e resto convinto che lo Stato sia un valore. Per Moro non era così: la dignità dello Stato, come ha scritto, non valeva l'interesse del suo nipotino Luca».

Esclude che le Br furono usate da poteri stranieri che volevano Moro morto?
«Solo la dietrologia, che è la fantasia della Storia, sostiene questo. Tutta questa insistenza sulla "storia criminale" d'Italia è opera non di studiosi, ma di scribacchini. Gente che, non sapendo scrivere di storia e non essendo riusciti a farsi eleggere a nessuna carica, scrivono di dietrologia. Fantasy, appunto ».

Quale idea si è fatto sulle stragi definite di «Stato», da piazza Fontana a piazza della Loggia? La Dc ha responsabilità dirette? Sapeva almeno qualcosa?
«Non sapeva nulla e nessuna responsabilità aveva. Molto meno di quelle che il Pci (penso all'"album di famiglia" della Rossanda) aveva per il terrorismo rosso».

Perché lei è certo dell'innocenza di Mambro e Fioravanti per la strage di Bologna? Dove vanno cercati i veri colpevoli?
«Lo dico perché di terrorismo me ne intendo. La strage di Bologna è un incidente accaduto agli amici della "resistenza palestinese" che, autorizzata dal "lodo Moro" a fare in Italia quel che voleva purché non contro il nostro Paese, si fecero saltare colpevolmente una o due valigie di esplosivo. Quanto agli innocenti condannati, in Italia i magistrati, salvo qualcuno, non sono mai stati eroi. E nella rossa Bologna la strage doveva essere fascista. In un primo tempo, gli imputati vennero assolti. Seguirono le manifestazioni politiche, e le sentenze politiche».

Scusi, i palestinesi trasportavano l'esplosivo sui treni delle Ferrovie dello Stato?
«Divenni presidente del Consiglio poco dopo, e fui informato dai carabinieri che le cose erano andate così. Anche le altre versioni che raccolsi collimavano. Se è per questo, i palestinesi trasportarono un missile sulla macchina di Pifano, il capo degli autonomi di via dei Volsci. Dopo il suo arresto ricevetti per vie traverse un telegramma di protesta da George Habbash, il capo del Fronte popolare per la liberazione della Palestina: "Quel missile è mio. State violando il nostro accordo. Liberate subito il povero Pifano"».

C'è qualcosa ancora da chiarire nel ruolo di Gladio, di cui lei da sottosegretario alla Difesa fu uno dei padri?
«I padri di Gladio sono stati Aldo Moro, Paolo Emilio Taviani, Gaetano Martino e i generali Musco e De Lorenzo, capi del Sifar. Io ero un piccolo amministratore. Anche se mi sono fatto insegnare a Capo Marrangiu a usare il plastico».

Il plastico?
«I ragazzi della scuola di Gladio erano piuttosto bravi. Forse oggi non avrei il coraggio, ma posseggo ancora la tecnica per far saltare un portone. Non è difficile: si manipola questa sostanza che pare pongo, la si mette attorno alla struttura portante, quindi la si fa saltare con una miccia o elettricamente... ».

E' sicuro che il plastico di Gladio non sia stato usato davvero?
«Sì, ne sono sicuro. Gli uomini di Gladio erano ex partigiani. Era vietato arruolare monarchici, fascisti o anche solo parenti di fascisti: un ufficiale di complemento fu cacciato dopo il suo matrimonio con la figlia di un dirigente Msi. Quasi tutti erano azionisti, socialisti, lamalfiani. I democristiani erano pochissimi: nel mio partito la diffidenza antiatlantica è sempre stata forte. Del resto, la Santa Sede era ostile all'ingresso dell'Italia nell'Alleanza Atlantica. Contrari furono Dossetti e Gui, che pure sarebbe divenuto ministro della Difesa. Moro fu costretto a calci a entrare in aula per votare sì. E dico a calci non metaforicamente. Quando parlavo del Quirinale con La Malfa, mi diceva: "Io non c'andrò mai. Sono troppo filoatlantico per avere i voti democristiani e comunisti"».

Qual è secondo lei la vera genesi di Tangentopoli? Fu un complotto per far cadere il vecchio sistema? Ordito da chi? Di Pietro fu demiurgo o pedina? In quali mani?
«Credo che gli Stati Uniti e la Cia non ne siano stati estranei; così come certo non sono stati estranei alle "disgrazie" di Andreotti e di Craxi. Di Pietro? Quello del prestito di cento milioni restituito all'odore dell'inchiesta ministeriale in una scatola di scarpe? Un burattino esibizionista, naturalmente ».

La Cia? E in che modo?
«Attraverso informazioni soffiate alle procure. E attraverso la mafia. Andreotti e Craxi sono stati i più filopalestinesi tra i leader europei. I miliardi di All Iberian furono dirottati da Craxi all'Olp. E questo a Fort Langley non lo dimenticano. In più, gli anni dal '92 in avanti sono sotto amministrazioni democratiche: le più interventiste e implacabili».

Quando incontrò per la prima volta Berlusconi? Che cosa pensa davvero di lui, come uomo e come politico?
«Era il 1974, io ero da poco ministro. Passeggiavo per Roma con il collega Adolfo Sarti quando incontrai Roberto Gervaso, che ci invitò a cena per conoscere un personaggio interessante. Era lui. Parlò per tutta la sera dei suoi progetti: Milano 2 e Publitalia. Non ho mai votato per Berlusconi, ma da allora siamo stati sempre amici, e sarò testimone al matrimonio di sua figlia Barbara. Certo, poteva fare a meno di far ammazzare Caio Giulio Cesare e Abramo Lincoln...».

Ci sono accuse più recenti.
«Non facciamo i moralisti. Il premier britannico Wilson fece nominare contessa da Elisabetta la sua amante e capo di gabinetto. Noi galantuomini stiamo con la Pompadour. Quindi, stiamo con la Carfagna ».

Lei non è mai stato un grande estimatore di Veltroni. Come le pare si stia muovendo? Resisterà alla guida del Pd, anche dopo le Europee?
«E che cosa è il Pd? Io mi iscriverei meglio a ReD, il movimento di D'Alema, di cui ho anche disegnato il logo: un punto rosso cerchiato oro. Veltroni è un perfetto doroteo: parla molto, e bene, senza dire nulla. Perderà le Europee, ma resisterà; e l'unica garanzia per i cattolici nel Pd che non vogliono morire socialisti».

Perché le piace tanto D'Alema?
«Perché come me per attaccare i manifesti elettorali è andato di giro nottetempo con il secchio di colla di farina a far botte. Perché è un comunista nazionale e democratico, un berlingueriano di ferro, e quindi un quasi affine mio, non della mia bella nipote Bianca Berlinguer che invece è bella, brava e veltroniana. E poi è uno con i coglioni. Antigiustizialista vero, e per questo minacciato dalla magistratura ».

Cosa pensa dei giovani cattolici del Pd? Chi ha più stoffa tra Franceschini, Fioroni, Follini, Enrico Letta?
«Sono una generazione sfortunata. Il loro futuro è o con il socialismo o con Pierfurby Casini».

Come si sta muovendo suo figlio Giuseppe in politica? E' vero che lei ha un figlio "di destra" e una figlia, Annamaria, "di sinistra"?
«Li stimo molto entrambi. Tutti e due sono appassionati alla politica come me. Mia figlia è di sinistra, dalemiana di ferro, e si iscriverà a ReD. Mio figlio è un conservatore moderno, da British Conservative Party. Io pencolo più verso mio figlio».

E' stato il matrimonio il grande dolore della sua vita?
«Non amo parlare delle mie cose private. Posso solo dire che la madre dei miei figli era bellissima, intelligentissima, bravissima, molto colta. Che ha educato benissimo i ragazzi. E che io l'ho amata molto».

da corriere.it